Fondazione Natuzza, stuolo di fedeli per commemorare l’arrivo della statua della Vergine a Paravati
Al centro dell’omelia del vescovo Nostro i giovani e gli anziani: «Dio ha affidato a noi adulti il compito di farci carico di loro e prendercene cura»
Sono giunti anche oggi in tanti presso la Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati. Sfidando le restrizioni e le paure dovute alla pandemia da Covid-19 e attratti dal carisma di Natuzza Evolo. Ad accoglierli, un clima gradevole e un cielo per lo più soleggiato. Il “popolo” della mistica si è nuovamente ritrovato nella Villa della Gioia a 14 giorni di distanza dall’anniversario della sua morte, avvenuta nel giorno di Ognissanti del 2009. In questo caso per commemorare i 28 anni dall’arrivo nella frazione di Mileto della statua della Madonna nelle sembianze di una giovinetta, così come appariva in vita alla Serva di Dio. A presiedere la sacra funzione all’aperto – preceduta dalla recita del santo rosario – il nuovo vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Attilio Nostro. Presenti numerosi aderenti ai cenacoli mariani sparsi per il mondo su ispirazione di Mamma Natuzza, ma anche autorità civili, politiche e militari e due dei figli dell’umile donna calabrese: Angela e Franco con alcuni componenti delle rispettive famiglie.
«Siamo una moltitudine enorme, quindi non mi metterò a fare domande come faccio qualche volta, quando l’uditorio è un po’ più limitato nei numeri – ha affermato nella sua omelia il presule -, però provate a pensare quale sia il centro e il cuore della nostra fede, l’asse portante che la contraddistingue dalle altre? È l’evento dell’incarnazione, linguaggio paradossale, scandaloso e bellissimo di un Dio che diventa uomo e che si coinvolge talmente tanto nella nostra storia da diventare esso stesso storia umana. E non solo si coinvolge, ma addirittura decide di riassumere in sé tutto il mistero di questa storia: il dolore, la sofferenza, la fatica, il sonno, il riposo, la fame, la nudità, il freddo, il pericolo, la povertà. Qualche tempo fa – ha raccontato – ho accompagnato una famiglia nel difficile cammino del suicidio di un papà. A loro ho detto: “Noi nell’eucarestia ricordiamo che Cristo si è presentato volontariamente alla morte, e lo ha fatto non per disperazione, ma per condividere l’esperienza di coloro che si sentono disperati e senza prospettiva”. È un Dio paradossale, il nostro, onnipotente e che, tuttavia, si presenta povero, umile e bisognoso. Che può tutto, ma che sulla croce decide di essere impotente di fronte al suo destino che è stato deciso dal Padre».
A seguire, alcune riflessioni riguardo alla necessità di compiere opere di misericordia corporale o spirituale, «che diventano in noi una traduzione di quell’amore con cui Dio ci ama. In questi giorni – ha sottolineato monsignor Nostro – sto pensando molto alle due fasce di popolazione che il Signore ha deciso di affidarmi: gli anziani e i bambini. Ascoltando le voci di tanti parroci mi sto redendo conto sempre di più di quanto ci sia necessità di occuparsi di loro. Penso alla dispersione scolastica, alla mancanza di formazione professionale, umana, morale e religiosa. Penso al fatto che c’è una grande ritardo nel rispondere alla domanda che questa povertà impone e porta con sé. Dio, così come ha fatto con Maria e San Giuseppe per Gesù, ci affida i figli di questa Calabria, perché noi possiamo farli crescere, facendo aumentare in loro i talenti. Tante persone in giro per il mondo – ha aggiunto – mi stanno testimoniando il fatto che questa terra può portare frutto. Tanti giovani, donne e uomini valenti, si sono fatti spazio nel mondo, persone formate professionalmente e umanamente nelle nostre comunità parrocchiali e nelle nostre scuole, che oggi riempiono di orgoglio e di senso le nostre fatiche.
Il nostro educare le nuove generazioni è un compito che Dio ci ha affidato. Se noi davvero siamo gli adulti di questa società, dobbiamo farci carico di loro e prendercene cura, portando a frutto quei talenti che il Signore gli ha regalato». Un ultimo pensiero e una preghiera sono stati rivolti dal vescovo nei confronti di due mamme, «quella di Giovanni scomparso due anni fa e che vive in cielo e di Giuseppe che sta per arrivare su questa terra in maniera visibile. A loro – ha concluso – porgiamo in particolare tutte queste preghiere che oggi vi ho affidato. Che loro possano custodirle in maniera esemplare e che ciascuno di noi si senta in cuor suo obbligato dall’amore a farsi carico di questi bambini, piccoli, soli e bisognosi di ogni aiuto». Dopo la messa i fedeli hanno potuto far visita alla tomba della mistica, situata all’interno del vicino Centro per anziani.