‘Ndrangheta: operazione antimafia nel Vibonese contro i clan Mancuso e Accorinti – Video
Inchiesta della Polizia e dello Sco con il coordinamento della Dda di Catanzaro sull'omicidio di Raffaele Fiamingo ed il ferimento di Francesco Mancuso
Dalle prime luci dell’alba è in corso nel Vibonese un’operazione antimafia coordinata dalla Dda di Catanzaro e condotta sul campo dalla Polizia di Stato e dallo Sco contro il clan Mancuso di Limbadi e Accorinti di Zungri. Fra gli arrestati, il boss Giuseppe Accorinti, 60 anni, di Zungri, e Domenico Polito, 55 anni, di Paradisoni di Briatico, residente a Tropea, ritenuto vicino al clan La Rosa di Tropea. Arresto anche per Antonio Prenesti, detto “Yò Yò”, di Nicotera, già condannato nel processo “Dinasty”. Al centro delle contestazioni l’omicidio nel luglio del 2003 a Spilinga di Raffaele Fiamingo detto “Il Vichingo”, ritenuto il boss di Rombiolo, ed il ferimento del boss Francesco Mancuso di Limbadi, detto “Ciccio Tabacco”.
Quasi 50 gli uomini impegnati negli arresti e perquisizioni a Vibo Valentia, Milano e Prato. Grazie anche alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, le indagini hanno permesso di accertare che l’omicidio era maturato per contrasti insorti nella gestione delle attività criminali tra i componenti della famiglia Mancuso – in particolare la fazione capeggiata da Francesco Mancuso e quella guidata dallo zio Cosmo Michele Mancuso. Si tratta di uno dei fatti di sangue più importanti negli utimi decenni, arrivato al culmine di contrasti insanabili fra le articolazioni del clan Mancuso. Un omicidio già emerso nell’inchiesta “Dinasty-Affari di famiglia” che non era però riuscita per tale delitto ad inchiodare penalmente mandanti ed esecutori. A sostegno della nuova impalcatura accusatoria, preziose si sono rivelate le dichiarazioni di Emanuele Mancuso che dal giugno dello scorso anno sta collaborando con la giustizia. Emanuele Mancuso è nipote di Francesco Mancuso, in quanto figlio di Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, fratello di “Tabacco”. Secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, alla base del grave fatto di sangue ci sarebbe stato il danneggiamento ad un panificio di Spilinga di proprietà di un parente di Antonio Prenesti, personaggio che Mantella indica come “azionista” per conto dei boss Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”) e Luigi Mancuso. Ad armare la mano di Prenesti sarebbe stato il boss Cosmo Michele Mancuso, 70 anni, di Limbadi, attualmente detenuto e condannato per l’inchiesta “Costa Pulita”. Maggiori dettagli sull’operazione denominata “Errore Fatale” nel corso di una conferenza stampa in Questura a Vibo Valentia alle ore 11 alla presenza del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. In foto dall’alto in basso: Giuseppe Accorinti, Francesco Mancuso, Mimmo Polito, Antonio Prenesti e Cosmo Michele Mancuso
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