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Qualità della vita tra indicatori e realtà: quello che il Sole 24 ore non dice di Vibo

L’indagine pubblicata dal quotidiano economico relega la città all’ultimo posto in Italia ma, per quanto per molti versi illuminante, non tiene conto di alcuni fattori in grado di fare la differenza

Qualità della vita tra indicatori e realtà: quello che il Sole 24 ore non dice di Vibo

Di recente  il “Sole 24 Ore” ha pubblicato l’indagine sulla “qualità della vita 2018”, centrata sulle 107 città capoluogo di provincia in Italia. Scorrendo l’elenco, emerge una Calabria tremula, che vede posizionarsi, come migliore provincia, Catanzaro, al posto 88 e, a seguire, Cosenza (97), Crotone (103), Reggio Calabria (104), per finire con Vibo Valentia, ultima, al posto 107. Su base 1000, la prima, Milano, ottiene punti 585,9, mentre l’ultima, Vibo, ottiene punti 382,7. Se dovessimo fare un’analisi nazionale, ci sarebbe poco da esser lieti. La prima classificata, Milano, non ottiene nemmeno la sufficienza, mentre la gran parte delle 107 province è posizionata, per rimanere ad un lessico scolastico, nell’area delle gravi insufficienze. In definitiva, emerge un quadro labile e la sensazione che il sistema Italia stia incrociando difficoltà ed insidie ormai strutturali. Tuttavia, è la Calabria a dimostrare, più pressanti, le sue fragilità, diffuse in ogni ambito, dall’ambiente alla giustizia, dall’innovazione e  tecnologia, all’occupazione ed ai servizi sociali. Un quadro allarmante, che il tempo sembra marcare piuttosto che sedare

Tuttavia, l’indagine del “Sole”, in quanto inerente un dato complesso ed immateriale, merita di essere ragionata. A sommesso parere, quella raccontata dal “Sole 24 oreè una parte della verità, non tutta la verità. Ed invero, non tutti i parametri sembrano centrati sull’obiettivo. Essi paiono indulgere, massimamente, su fattori econometrici, lasciando negletti valori non meno rilevanti, ancorché sfuggenti, quali la qualità dell’aria, la raggiungibilità dei luoghi, la disponibilità a chilometro zero di derrate  alimentari, la bellezza dei panorami, l’autosufficienza turistica,  etc.  All’interno del parametro “Cultura e tempo libero”, ad esempio, non risultano criteri che alludano alla pronta raggiungibilità di siti naturalistici e/o urbani. Eppure, disporre, nel volgere di pochi chilometri, di panorami, sentieri, insediamenti archeologici ed urbani, luoghi di sosta, di silenzio, o di ascolto, è valore che caratterizza un territorio e la qualità della vita che vi si sviluppa. Ancora. All’interno del parametro “Ricchezza e Consumi”, viene misurata la spesa pro capite in viaggi/turismo per la quale la città di Vibo Valentia ottiene il misero punteggio di 38/1000, a fronte dei punti 1000 ottenuti dalla città di Gorizia. Siamo certi che non investire in viaggi equivalga, in qualunque circostanza, a definire una condizione di declino della qualità di vita? Come sempre, è il punto di vista a fare la differenza. Una Regione come la Calabria, con bellezze, caratteristiche ambientali e paesaggistiche sontuose, tali da non temere confronti con nessun territorio europeo (800 chilometri di meravigliosa costa, catene montuose rigogliosissime e ricche di biodiversità, giacimenti urbani ed architettonici straordinari, parchi archeologici che si schiudono a ripetizione, clima favorevolissimo, ricettività e capacità di accoglienza di primissimo ordine, panorami mutanti e sempre splendenti, eccellente ristorazione, aria purissima), verosimilmente non avverte il bisogno, sul piano turistico, di guardare oltre i suoi confini. Ciò che per altri popoli è inevitabile rinvenire altrove, per i calabresi può essere cercato, e facilmente trovato, dentro i confini di casa. 

Dunque, associare il turismo esterno alla qualità di vita è un assioma vero in alcuni casi, tendenzialmente errato in altri, se non associato ad indicatori compensativi, riferiti alle peculiarità proprie del territorio di riferimento. Ed ancora. Il parametro “Demografia e società” manca di un criterio legato alla densità demografica ed alla disponibilità di spazi pro capite. Ebbene, la ridotta densità migliora la vivibilità, in termini di spazi per il tempo libero, per le coltivazioni in autoconsumo e per i bambini, di migliore qualità dell’aria, di più intensa relazione con l’ambiente. Ove tali valori fossero stati considerati, gli esiti sarebbero stati certamente più fecondi per il Sud. Stonano, ancora, altre assenze. Ad esempio, la disponibilità di tempo e la prossimità dei luoghi. La conformazione della Calabria rende semplice raggiungere i luoghi, riduce i tempi (e lo stress) di percorrenza ed espande le ore disponibili. Il tema  non è marginale. Il tempo è uno dei fattori della qualità della vita, individuale e collettiva. Il tempo della riflessione, quello della pazienza, il tempo dell’attesa, quello delle passioni, dello sport e della lettura, dell’ascolto, costituiscono elementi che, come pochi, stimano il valore di una società e rendono merito al senso di umanità. E’ un problema di visione, ovviamente, che stenta ad accordarsi con la cultura – ancora invalsa – del ritmo, della competitività, della densità. Prova ne sia che, all’interno del parametro “Ricchezza e Consumi”, il “Sole” continua, per molti versi giustamente, a premiare i “consumi, spesa media  per famiglia in beni durevoli”, del tutto oscurando gli ormai invalsi richiami alla sobrietà. 

Sotto altro verso, l’indagine del “Sole” è utilissima per fissare qualche punto “politico”. All’interno del parametro “Ambiente e Servizi”, il criterio “D” premia la spesa sociale degli enti locali. Reggio Calabria è al posto 105 con punti 61, Vibo Valentia al posto  104 con punti 75,4. In cima, Trieste, con punti 1000, e Gorizia con punti 907,5. Un abisso che slega l’Italia proprio nel suo nodo più eticamente necessario, quello della solidarietà sociale. Colpa degli amministratori del sud, brutti, sporchi e cattivi? O colpa di politiche che hanno guardato ai territori con sguardo strabico?  Spiace dirlo, la seconda. Si è registrata, negli ultimi 15 anni, una drastica riduzione di risorse destinate al sud. Basti osservare che in Calabria la spesa sociale  pro capite è stata pari a 22 euro nel 2016, mentre nella provincia autonoma di Bolzano è stata pari a 517 euro (fonte Istat, 3.1.2019). Dilatando lo sguardo, nel 2016 la spesa sociale pro capite al Sud è stata pari a 53 euro, al Centro  pari a 120 euro, nel Nord-Est pari a 170 e nel Nord-Ovest pari a 130.  Numeri impressionanti, che raccontano di un’Italia accomunata dal solo nome, dalla lingua e dai poeti che, seppur con approssimazione crescente, si studiano a scuola. In questo senso, il lavoro del “Sole” è prezioso, poiché chiama chi ci governa alla responsabilità di invertire una tendenza, che è figlia e madre di una profonda ingiustizia sociale e di una ancora più evidente disarmonia territoriale. Stessa attenzione merita il tema dei servizi infrastrutturali, assente in tutti i calibri dell’indagine. La perdurante esclusione del sud dalle rotte dell’Alta Velocità Ferroviaria, ad esempio, compromette significativamente i diritti sociali dei cittadini e la capacità di inverare la coesione  territoriale, dovere fondamentale della Repubblica. Ove il “Sole” avesse approfondito, le città del Sud sarebbero ulteriormente sprofondate. Specularmente, richiamando il parametro “Giustizia e sicurezza”, fa sobbalzare la condizione di Vibo Valentia che, nel criterio “durata media dei processi”, ottiene un ultimo posto, con valori che sono dieci volte (dicesi dieci!)   peggiori di quelli di Ferrara, al primo posto. La giustizia è uno snodo, in qualunque Stato democratico. La sua mancanza o la sua inefficienza costituiscono un flagello, soprattutto in territori a gravissimo rischio di infiltrazione criminale, dove, al contrario, occorrerebbero risposte direttamente proporzionali. In questo senso, è stato criminale e criminogeno aver tollerato, per troppi anni, la sonnolenza della Giustizia ed inoculato nel tessuto sociale la convinzione che l’Autorità e la Legge siano utili orpelli ma eludibili servizi

Per chiudere, l’indagine del “Sole 24 Ore” descrive compiutamente la condizione di una Calabria, le cui dinamiche vanno profondamente ripensate. Se ne ha contezza, ad esempio, osservando il fragoroso esodo di giovani, soprattutto laureati, verso luoghi ritenuti più performanti. Tuttavia, essendo il centro dell’indagine la “qualità della vita”, sarebbe stato utile dare suono ad altri elementi, non meno attinenti: le caratteristiche morfologiche ed urbane del territorio, la raggiungibilità e le distanze ridotte, il tempo disponibile, la disponibilità di suolo, l’autosufficienza turistica, la bellezza, l’archeologia, la storia, la panoramicità, la cultura, lo stupore, il chilometro zero. Verosimilmente, i risultati sarebbero stati meno deprimenti ed il racconto della nostra Regione  meno infausto. Per il resto, si rimane in attesa che il senso di responsabilità dello Stato ed il senso di appartenenza dei calabresi (quando rinunceremo a sporcare le strade, deturpare i paesaggi, abusare dell’edilizia, ignorare il senso dei luoghi, deprimere la produttività e l’efficientamento dei servizi, etc..?) abbiano un sussulto, prima che il deserto demografico ci colga ed il racconto della qualità divenga esercizio memoriale o, peggio, surreale

*Avvocato e scrittore

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