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Rinascita Scott: Bartolomeo Arena e i progetti di morte contro i Cassarola

L’idea di torturare Orazio Lo Bianco ed il controllo a Vibo del cimitero e delle pompe funebri. I traffici di armi e droga ed i killer scelti per uccidere Rosario Pugliese

Rinascita Scott: Bartolomeo Arena e i progetti di morte contro i Cassarola

Si è rischiata una vera guerra di mafia a Vibo Valentia fra il 2018 ed il 2019. Scontri fra clan contrapposti di cui ha parlato nei dettagli Bartolomeo Arena nel corso delle ultime deposizioni nel maxiprocesso Rinascita Scott che andiamo ad approfondire alla luce del deposito delle trascrizioni integrali delle udienze. Dopo la sparatoria ai danni di Nazzareno Pugliese che sarebbe stato preso di mira da Domenico, “Mommo”, Macrì, venne raggiunta, secondo il collaboratore, una tregua fittizia fra il gruppo dei Pardea-Macrì-Camillò (di cui faceva parte lo stesso Bartolomeo Arena) e quello dei Pugliese, detti Cassarola. A mediare fra i contendenti sarebbero stati Enzo Barba e Antonio Macrì, quest’ultimo padre di Mommo Macrì. [Continua in basso]

Il ritrovamento di una pistola e l’idea di torturare Orazio Lo Bianco

Orazio Lo Bianco

E’ il giugno del 2018 quando a Vibo Valentia in pieno centro i carabinieri trovano una moto ed un’auto rubate, due caschi ed una pistola. Per gli inquirenti – e la conferma arriva ora anche dal collaboratore Bartolomeo Arena – si stava preparando un agguato. «Dopo tale rinvenimento – ha spiegato il collaboratore – ci siamo recati nella zona di Gallizzi a Vibo per parlare con Francesco Antonio Pardea e Mommo Macrì i quali mi dissero che dovevo andare a prelevare con una scusa Orazio Lo Bianco per portarlo da loro. L’intento era quello, una volta condotto a Gallizzi, di pestarlo e torturarlo sin quando non avesse confessato che auto, moto e pistola appartenevano al suo gruppo, cioè ai Pugliese e dovevano essere usate per un agguato contro il nostro clan. Intuendo che Orazio Lo Bianco se avesse confessato sarebbe stato poi di sicuro ucciso – ha dichiarato Bartolomeo Arena –, inventai una scusa dicendo che non potevo più andare da Orazio Lo Bianco in quanto lo stesso non mi salutava più. E’ stato così che Orazio Lo Bianco si è salvato ed è ancora vivo».

I legami e gli affari dei Pugliese-Cassarola

«Il figlio di Rosario Pugliese è sposato con una ragazza la cui famiglia fa parte della camorra, precisamente dell’Alleanza di Secondigliano. Anche tramite tale canale – ha rivelato Bartolomeo Arena – i Cassarola si rifornivano di armi, così come quello messo in piedi per lo stesso motivo da Rosario Pugliese con i Pesce ed i Bellocco di Rosarno da cui aveva acquistato altre armi. I Pugliese-Cassarola si occupavano anche di ambulanze private che venivano usate per spostare armi e droga. Le ambulanze venivano guidate da Francesco Paternò, detto Cisca. In un’occasione ricordo che Willy Pugliese, figlio di Rosario Pugliese, si recò a San Gregorio d’Ippona da Filippo Fiarè dicendo che aveva 300mila euro da investire nel traffico di stupefacenti. La sua presenza meravigliò molto Filippo Fiarè, in quanto Willy Pugliese era nipote di Francesco Fortuna, detto Ciccio Pomodoro, che era stato ucciso proprio dai Fiarè per vendicare l’omicidio di Giuseppe Gasparro». [Continua in basso]

Il cimitero di Vibo, le pompe funebri ed i clan

Il cimitero di Vibo Valentia

Secondo Bartolomeo Arena, i Pugliese-Cassarola ed Orazio Lo Bianco «avevano in mano il cimitero di Vibo Valentia e si occupavano della costruzione delle cappelle. Godevano della complicità del custode del cimitero, Rosario Francolino, che era collegato ad Orazio Lo Bianco il quale controllava l’assegnazione dei posti». Ad usufruire di vantaggi e posti al cimitero, anche la famiglia di Bartolomeo Arena attraverso l’interessamento di Domenico Camillò, detto “Mangano”. «Orazio Lo Bianco si occupava anche di pompe funebri – ha raccontato il collaboratore – ed il socio occulto era Rosario Pugliese».

I progetti di morte contro Rosario Pugliese

Rosario Pugliese

Nell’intenzione del gruppo guidato da Francesco Antonio Pardea, Mommo Macrì, Salvatore Morelli, i Camillò e Bartolomeo Arena a morire doveva essere in ogni caso Rosario Pugliese, detto Cassarola. «Si pensò anche ad un attentato con una bomba per eliminarlo, ma alla fine questa idea venne scartata. Si optò così per un agguato ed i killer di Rosario Pugliese erano già stati scelti nelle persone di Marco Ferraro e Filippo Grillo, quest’ultimo sceso appositamente da Nerviano per conto del nostro gruppo. Sono stato io – ha concluso Bartolomeo Arena – a far ritrovare ai carabinieri le pistole 7,65 e calibro 40 già pronte per l’agguato contro Rosario Pugliese. L’omicidio doveva essere consumato qualche settimana dopo il mio avvio di collaborazione con la giustizia, cioè nell’ottobre 2019».

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