Sparatoria a Vibo Valentia al terminal bus, condanna definitiva
Nel dicembre del 2015 Salvatore Barbieri di Pannaconi di Cessaniti sparò un colpo alla nuca contro il coetaneo 19enne Giuseppe Raffa, vivo per miracolo
Sei anni di reclusione. Questo l’ammontare della pena definitiva nei confronti di Salvatore Barbieri, 21 anni, di Pannaconi di Cessaniti, ritenuto responsabile del tentato omicidio a colpi di pistola nei confronti dell’allora 19enne di Zungri, Giuseppe Raffa, operato il 13 dicembre 2015 all’ospedale Catanzaro dove gli è stato estratto un proiettile dalla nuca ed a pochi millimetri dal midollo osseo. La prima sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Salvatore Barbieri, condannato anche per la detenzione ed il porto illegale di una pistola calibro 7,65. Ha retto, dunque, l’impianto accusatorio messo in piedi dal pm della Procura di Vibo Valentia, Benedetta Callea, che ha coordinato il lavoro all’apporto investigativo dei carabinieri della Compagnia di Vibo diretti all’epoca dal capitano Diego Berlingieri. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Barbieri avrebbe raggiunto intorno alle 11.30 di venerdì 13 dicembre 2015 lo spiazzale del Palazzetto dello sport alla ricerca di Giuseppe Raffa, lo studente di Zungri che frequentava l’istituto “Geometri” e con il quale qualche ora prima aveva avuto un diverbio. Una lite scoppiata per futili motivi e per poco non finita in tragedia. Subito trasportato all’ospedale di Vibo Valentia, Giuseppe Raffa era stato sottoposto ad esami radiografici e alla Tac, quindi ricoverato in chirurgia dove aveva trascorso sotto stretto osservazione tutta la notte. Poi era stato trasferito nel reparto di Neurochirurgia dell’opedale di Catanzaro dove gli era stato estratto il proiettile ritenuto vicino la nuca ed a pochi millimetri dal midollo osseo. Per la Cassazione, “l’elaborazione degli elementi analiticamente indicati in sentenza e la valutazione complessiva di essi hanno correttamente indotto il giudice di merito a ritenere esistente il dolo, sia pur nella forma alternativa, con la conseguenza che si è esclusa ogni ulteriore possibilità di recuperare la fattispecie a ricostruzioni diverse o a una pura fattispecie lesiva”. Si è trattato, quindi, di un tentato omicidio e per la Suprema Corte è corretta la valutazione dei giudici sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche atteso “lo spessore lesivo della condotta”. L’imputato, difeso dall’avvocato Bruno Ganino, ha in ogni caso usufruito dello sconto di pena pari ad un terzo per via della scelta di un processo con rito abbreviato.