Crisi idrica a Vibo Marina, anche il turismo rischia di finire in ginocchio – VIDEO
La Procura apre un’inchiesta. La titolare del Lido La Playa: «Dal Comune nessuno è in grado di dirci qual è il problema e se possiamo andare avanti»
Ogni anno sempre peggio. I cittadini, come i gestori delle attività produttive, non sanno più a che santo votarsi. Rubinetti a secco e tutti disperati. La Procura di Vibo Valentia apre un’indagine, accerterà eventuali responsabilità, ma non risolverà certo il disservizio. [Continua in basso]
Vibo Marina, benvenuti al Lido La Playa, una Riccione in miniatura in una realtà nella quale rendere servizi adeguati diventa quasi impossibile. «Siamo davvero allo stremo delle forze», spiega Serena Di Bruni, titolare di un lido balneare che restituisce dignità e decoro al vecchio Giardino sul mare abbandonato da decenni dalla trascuranza degli enti locali. Con la cisterna appena riempita, si lavano piatti e bicchieri della giornata precedente. Serena sa che quella riserva non basterà e che il servizio di questa giornata è a rischio. «Ieri – spiega Davide Pisani, suo compagno nella vita e nel lavoro – siamo stati costretti a chiudere sia i bagni che le docce. Lavorare così è impossibile».
Già, in questo lido balneare si stringono i denti. Ma la tenacia non basta. Anche il verde sta morendo. Serena ci tiene alle sue piante, ma a chi riservare l’acqua: ai clienti che rappresentano la fonte di sostentamento della sua attività o alle piante, che questo lido qualificano come tra i più verdi della zona? [Continua in basso]
«Abbiamo provato a contattare il Comune – spiega Serena – ma non sono riuscita a parlare con un tecnico o con qualsiasi altra persona che ci dicesse da cosa è originato il problema, quanto perdurerà e soprattutto se possiamo andare avanti». Insomma, mentre al bar e in cucina si lavora alacremente, e la spiaggia si prepara ad accogliere i primi avventori della giornata, si attendono risposte che non arrivano. E così, oltre ai disagi, non resta che una profonda amarezza.
«Noi facciamo tanto – chiosa Serena – ma ci domandiamo cosa facciano le istituzioni per sostenere concretamente chi come noi lavora onestamente»