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La “mala” di Portosalvo negli anni ’80 e ’90 e lo scontro a Vibo fra i Covato ed i Tripodi-Colace

Indagato anche Domenico Polito di Tropea ma nei suoi confronti il gip ha rigettato la misura cautelare. Fondamentali le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ma anche i riscontri degli investigatori. Diversi i fatti di sangue rimasti impuniti

La “mala” di Portosalvo negli  anni ’80 e ’90 e lo scontro a Vibo fra i Covato ed i Tripodi-Colace
Domenico Polito

Non regge al momento l’accusa nei confronti di colui che viene indicato come l’esecutore materiale dell’omicidio di Franco Covato di Portosalvo, 21 anni all’epoca della scomparsa ricompresa fra il 23 ed il 24 gennaio 1990. Secondo l’accusa rappresentata dalla Dda di Catanzaro, Nazzareno Colace, 57 anni, di Portosalvo – in qualità di ideatore, promotore e co-esecutore del delitto – e Domenico Polito, 57 anni, di Tropea, indicato quale co-esecutore dell’omicidio – avrebbero esploso diversi colpi d’arma da fuoco che non hanno lasciato scampo a Franco Trovato. La contestazione è aggravata dall’aver commesso il delitto con premeditazione, avendo mantenuto fermo e costante Colace il proposito delittuoso durante un consistente lasso di tempo intercorso fra l’attentato ai suoi danni, commesso il 19 settembre 1987 e l’effettiva realizzazione del delitto. Colace avrebbe provveduto a preparare accuratamente l’omicidio “con una risoluzione criminosa perdurante e senza soluzione di continuità, sino all’esecuzione dell’omicidio”. Altra aggravante contestata ai due indagati attiene all’esecuzione del delitto per motivi abietti e futili, consistiti nell’aver eseguito l’omicidio per vendicare il precedente agguato commesso da Francesco Covato ai danni di Nazzareno Colace il 19 settembre 1987. Il reato è aggravato dalle finalità mafiose tese a rafforzare il clan Tripodi-Mantino al quale Colace sarebbe stato all’epoca legato Colace prima di transitare alle “dipendenze” di Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni. Per Domenico Polito, il gip distrettuale non ha concesso la misura chiesta dalla Dda di Catanzaro in quanto per lui difettano i riscontri individualizzanti “o qualsivoglia addentellato di natura oggettiva”. Gli elementi allo stato emersi a carico di Domenico Polito non sono statiritenuti sufficienti dal gip per emettere una misura cautelare anche nei suoi confronti ed il suo “coinvolgimento nella vicenda necessita quantomeno – ha scritto il gip – di ulteriori approfondimenti investigativi”. [Continua in basso]

Le dichiarazioni dei collaboratori

Importanti per far luce su tale delitto le dichiarazioni di doversi collaboratori di giustizia: Carlo Vavalà appartenente alla ‘ndrina di Cessaniti, Rosario Cappello dell’omonimo clan di Lamezia Terme (che partecipò insieme a Colace ai sopralluoghi ma poi si tirò indietro),  Raffaele Moscato del clan dei Piscopisani, Andrea Mantella, Michele Iannello (condannato per l’omicidio del bimbo americano Nicolas Green), Bartolomeo Arena, Gerardo D’Urzo di Sant’Onofrio.

Lo scontro a Portosalvo con i Covato

Nazzareno Colace

Era il 23 gennaio 1990 quando Francesco Covato, all’epoca di 21 anni, residente in contrada San Nicolò del comune di Briatico, ma confinante con Portosalvo, si allontanava da casa a bordo di una Fiat 127 senza farvi più ritorno. Il 24 gennaio 1990, Salvatore Covato, conosciuto in paese col nome di “Giovanni”, sporgeva quindi denuncia per la scomparsa del figlio ai carabinieri di Briatico. L’auto del giovane – che aveva lasciato a casa la patente – veniva ritrovata abbandonata nel parcheggio della stazione ferroviaria di Tropea. Francesco Covato, insieme al padre ed ai fratelli Giuseppe (di un anno più grande), e Massimiliano (cl. ’75), lavorava nell’officina di famiglia sita a Portosalvo lungo la statale 522. Secondo la ricostruzione già operata dagli investigatori nell’inchiesta Lybra contro il clan Tripodi, i Covato sarebbero sin da subito entrati in contrasto con il nascente sodalizio Tripodi-Mantino ed in particolare con Nicola Tripodi e con quello ritenuto «il suo braccio destro dell’epoca», ovvero Nazzareno Colace, «nonché con un altro pregiudicato, tale Artusa Umberto di Porto Salvo». Francesco Covato sarebbe stato dedito ai furti di auto che venivano «verosimilmente ricettate nell’attività di famiglia» e tale circostanza, causando notevole allarme sociale, non sarebbe stata tollerata dalla nascente organizzazione mafiosa dei Tripodi. Le tensioni si sarebbero in particolare acuite con Nazzareno Colace, il quale all’epoca gestiva un negozio di articoli sportivi a Vibo Marina su Viale dell’Industria, all’insegna “Elegant 84”. Contro la saracinesca del negozio, il 18 settembre 1987 venivano esplosi tre colpi di pistola e per tale episodio finivano indagati Francesco Covato e «giovani pregiudicati allo stesso vicini, tali Franzè Antonio (cl. ’67) di Vibo e La Bella Agostino (cl. ’68)». Il 2 ottobre 1987, Franzè e La Bella venivano così condannati per violazione della legge sulle armi ad 8 mesi, mentre il procedimento penale non veniva iscritto nei confronti di Francesco Covato poiché in sede di spontanee dichiarazioni aveva riferito di essersi trovato in auto con i suoi due amici ma di sconoscere il motivo per il quale gli stessi avevano esploso i colpi di pistola. [Continua in basso]

La morte di Agatino La Bella

Il 24 febbraio 2005 Agatino La Bella è stato poi rinvenuto cadavere nei pressi della Italcementi, con segni di punture endovena sul corpo. Un mese prima degli spari al negozio, le auto di Francesco Covato e quella di Antonio Franzè erano state invece incendiate. I contrasti tra i Covato ed i Tripodi-Colace esplodevano poi ulteriormente il 19 settembre 1987 quando sulla statale 522, in direzione di Bivona, Nazzareno Colace ed Umberto Artusa venivano investiti da colpi di pistola che colpivano le auto dei predetti e causavano gravi lesioni al tronco a Colace, ed agli arti inferiori ad Artusa. Per tale sparatoria venivano sottoposti a fermo di pg Antonio Franzè e Agostino La Bella, mentre Francesco Covato si costituiva il 22 settembre 1987. Successivamente alla scarcerazione per tali fatti, il 23 gennaio 1990 Francesco Covato rimaneva vittima della “lupara bianca”. Esattamente cinque anni dopo, il 23 gennaio 1995, spariva all’età di 20 anni anche Massimiliano Covato. La sua auto è stata ritrovata abbandonata alla stazione di Vibo-Pizzo con le chiavi ancora inserite. Secondo i pentiti Michele Iannello e Carlo Vavalà, l’omicidio di Francesco Covato sarebbe stato autorizzato da Nicola Tripodi (non indagato) ed eseguito da Nazzareno Colace in contrada “Campia” di Zungri dove Covato sarebbe stato sotterrato in una campagna coltivata a noci. Dulcis in fundo, il 18 luglio 1997 una violenta sparatoria ha visto contrapposti in via Roma a Portosalvo, Giuseppe Covato, fratello di Massimiliano e Francesco, contro i fratelli Vincenzo e Giacomo Colace, soggetti ritenuti vicini ai Tripodi e condannati per tale fatto in via definitiva per il reato di tentato omicidio.

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