Narcotraffico: operazione “Giardini segreti”, le singole accuse agli indagati
Emanuele Mancuso chiama in causa diversi soggetti per le piantagioni rinvenute a Nicotera, Joppolo e Capistrano. Scagiona il suocero e per il gip le sue dichiarazioni sono più che attendibili
E’ un’indagine che ha avuto origine con il rinvenimento nell’estate del 2015 di quattro distinte piantagioni di marijuana, per le quali erano stati tratti in arresto i fratelli Francesco Olivieri (protagonista nel maggio scorso delle sparatorie di Nicotera e Limbadi) e Giuseppe Olivieri, l’inchiesta sfociata oggi nell’operazione “Giardini segreti”. A capo del gruppo, Emanuele Mancuso, da qualche settimana nuovo collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni vengono definite più che credibili dal gip, circostanziate e in gran parte riscontrate dagli inquirenti. Ruoli di spicco nell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di marijuana ed alla sua produzione anche quelli di Giuseppe De Certo, 25 anni, di Nicotera, finito in carcere e ritenuto il soggetto di fiducia di Emanuele Mancuso. Fra i principali acquirenti di marijuana, a sua volta da piazzare fuori dalla provincia di Vibo, gli inquirenti ritengono di aver individuato Giuseppe Franzè, 31 anni, di Stefanaconi, finito in carcere, e Francesco Nobili, 32 anni, di Viterbo. Dall’ordinanza si ricava inoltre che Emanuele Mancuso ha manifestato la volontà di collaborare con la giustizia il 18 giugno scorso iniziando a spiegare di essersi da tempo dedicato alla coltivazione di marijuana in modo professionale e sviluppando specifiche competenze in materia. Mancuso ha riferito inoltre di aver acquistato i semi di marijuana – anche per conto di altri soggetti – da un sito internet che gli praticava forti sconti e di averli rivenduti poi ad un prezzo superiore a quello di acquisto. Alla base dell’inchiesta, fondamentali si sono rivelate anche le intercettazioni telefoniche ed ambientali. Una delle piantagioni – costituita da 500 piante di marijuana – è stata scoperta a Preitoni, frazione di Nicotera e per tale produzione risultano indagati Emanuele Mancuso e Giuseppe Franzè. Quest’ultimo avrebbe – secondo l’accusa, ma non secondo il gip che sul punto sottolinea l’assenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico – finanziato l’operazione attraverso l’acquisto dei semi. Giuseppe Mancuso e Francesco Olivieri, detto “Cico” (autore della sparatoria di maggio costata due morti a Nicotera e tre feriti a Limbadi) avrebbero quindi individuato nell’estate del 2015 il terreno su cui avviare la piantagione, realizzando l’impianto di irrigazione e curato le operazioni di coltivazione della marijuana. All’atto dell’arresto di Olivieri l’11 luglio del 2015 poiché sorpreso dalla polizia ad irrigare la piantagione, Emanuele Mancuso confessa ora di aver fatto vedere a Sandro Olivieri – fratello di Francesco, successivamente deceduto – l’arresto di Cico “in diretta” attraverso l’uso di un drone. Per altra coltivazione individuata nell’agosto del 2015 in una casa popolare abbandonata – di fronte l’abitazione della nonna di Emanuele Mancuso – in via Foschea a Nicotera risultano invece indagati Emanuele Mancuso, Francesco Olivieri, Giuseppe Navarra, 27 anni, originario di Rombiolo, ma residentee a Joppolo (finito in carcere) e Giuseppe Franzè che ha poi acquistato lo stupefacente per piazzarlo – secondo l’accusa – sul mercato di Viterbo. Quanto invece ad una piantagione di quasi duemila piante coltivate in via Borgo a Nicotera nel luglio del 2016 risultano indagati Emanuele Mancuso, Francesco Olivieri, Pantaleone Perfidio, 31 anni, di Nicotera, Clemente Selvaggio, 23 anni, di Vibo Valentia, Giuseppe De Certo, Giovanni Battaglia, 32 anni, di Nicotera, Valentin Stratulat, 30 anni, romeno, residente a Nicotera e finito in carcere, e Giuseppe Olivieri (fratello di Francesco). Giuseppe De Certo, Gregorio William, 23 anni, di San Ferdinando (finito ai domiciliari) e Riccardo Papalia, 34 anni, di Nicotera (arresti domiciliari) avrebbero poi trasportato dello stupefacente in Puglia per venderlo a terzi ai fini di spaccio. In particolare, Riccardo Papalia si sarebbe adoperato per soccorrere il mezzo a bordo del quale veniva trasportato lo stupefacente, andato in avaria nel tratto autostradale di Pizzo Calabro, mettendo a disposizione la propria auto per il recupero dello stupefacente il 10 agosto 2016. Per i viaggi in Puglia è idagato pure Nicola Lorusso, 39 anni, di Altamura, finito ai domiciliari. Per la piantagione di Capistrano (10.000 piante, scoperte nel giugno del 2017) sono indagati Emanuele Mancuso, Pantaleone Perfidio, Clemente Selvaggio e Nensy Vera Chimirri, quest’ultima compagna di Emanuele Mancuso. Per tale piantagione è stato tratto in arresto in flagranza di reato Carlo Chimirri di Capistrano, padre di Nensy, e per il quale si è proceduto separatamente nell’ambito di altro procedimento istruito dalla Procura di Vibo. Emanuele Mancuso confessa ora che il suocero è estraneo a tale coltivazione, di averlo minacciato in passato per fargli accettare la relazione con la figlia e di essersi accollato il mantenimento, le spese legali per gli avvocati e d i mutui da pagare una volta che Carlo Chimirri è finito agli arresti domiciliari. Emanuele Mancuso ha anche spiegato agli inquirenti di aver investito nella piantagione di Capistrano, unitamente al suo socio Clemente Selvaggio di Vibo Valentia, la somma di 30mila euro (20mila euro Mancuso e 10mila Selvaggio). Su tale ultima chiamata in correità, per il gip però manca qualsiasi riscontro alle dichiarazioni di Mancuso così come per la posizione di Pantaleone Perfidio. In foto: Emanuele Mancuso, Giuseppe Navarra e Francesco Olivieri
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