Rinascita, Emanuele Mancuso: «Biglietto senza ritorno per chi sgarrava a Nicotera e Limbadi»
Il collaboratore di giustizia tira in ballo anche ex amministratori comunali e svela l’interesse di Luigi Mancuso a non disturbare gli affari dell’altro ramo della famiglia
Un controllo del territorio asfissiante, tanto da condizionare sia gli affari illeciti da parte dei “cani sciolti” sia la classe politica locale. A fornire ulteriori particolari sulla realtà criminale di Limbadi e Nicotera è stato ancora una volta il collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, “rampollo” dell’omonimo clan e figlio del boss Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”. Nel corso del maxiprocesso Rinascita Scott, rispondendo alle domande del pm Annamaria Frustaci in sede di riesame, Emanuele Mancuso ha sottolineato che a Limbadi e Nicotera non era e non è possibile compiere “furti e rapine senza il preventivo consenso dei Mancuso. Per chi si permetteva di compiere ugualmente furti e rapine senza autorizzazione, i Mancuso gli compravano un biglietto del treno senza ritorno e lo invitavano ad andare via da Limbadi o Nicotera. Solo io – ha ricordato il collaboratore – ho avuto un trattamento diverso in quanto appartenevo alla famiglia Mancuso, figlio di Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, e soprattutto ero a disposizione di Luigi Mancuso. Ricordo di aver commesso un furto al tabacchino in piazza a Nicotera e mio zio Luigi Mancuso mi disse che quel tabacchino era suo e non gli interessava sapere chi fosse l’autore del furto. Voleva però subito restituita tutta la refurtiva ed io dopo neppure quindici minuti ho restituito tutto a Pasquale Gallone. Dopo la restituzione, Luigi Mancuso mi disse di andare fuori dalla provincia di Vibo a commettere furti e rapine ed in ogni caso mi raccomandò di non toccare più le macchinette slot di Gianfranco Mercuri, il marito di Nora Mancuso, una delle figlie di Giuseppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja. Luigi Mancuso mi disse di non fare più bravate e di non rubare più nelle macchinette di Mercuri per evitare ulteriori fibrillazioni in famiglia”. [Continua in basso]
Parlando di restituzione di refurtiva provento di furti, Emanuele Mancuso ha anche ricordato di aver compiuto un furto da “centomila euro in casa di un assessore di Nicotera, con la refurtiva però poi tutta restituita in quanto tutta la giunta Pagano di Nicotera – ha dichiarato Emanuele Mancuso – era vicina alla mia famiglia”. L’amministrazione guidata dall’allora sindaco di Nicotera, Franco Pagano, è stata sciolta per infiltrazioni mafiose il 24 novembre 2016.
Restando sempre agli ex amministratori di Nicotera, Emanuele Mancuso ha anche affermato che pure “l’ex sindaco Reggio era con la mia famiglia e quando è stata danneggiata la cappella dei Reggio al cimitero io – ha ribadito il collaboratore – sono stato investito dell’incarico di scoprire gli autori del gesto”.
Emanuele Mancuso fra furti e bombe
Diversi i furti che Emanuele Mancuso ha ammesso di aver commesso, così come le rapine. “Ero capace di commettere anche tre furti per notte – ha dichiarato il collaboratore – e non venivo beccato quasi mai. Nonostante la mia famiglia non avesse bisogno di soldi perché eravamo miliardari, io ero cleptomane e mi piaceva entrare nelle abitazioni altrui e rubare senza essere mai scoperto”. Ricordata anche la bomba collocata al negozio “Splendidi e Splendenti” di Nicotera poiché il proprietario, originario di Rosarno, avrebbe smesso di pagare l’estorsione ai Pesce durante la carcerazione di Francesco Pesce, detto “Testuni”.
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