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“La pesca miracolosa”, il dipinto del Louvre riprodotto nella chiesa di Piedigrotta

La scoperta della singolare coincidenza si deve all’artista napitino Antonio Montesanti che mette a confronto le due opere

“La pesca miracolosa”, il dipinto del Louvre  riprodotto nella chiesa di Piedigrotta
"La pesca miracolosa" le similitudini tra il dipinto e la scultura

Un naufragio avvenuto intorno alla metà del ‘600 coinvolse un veliero con equipaggio napoletano. I marinai scavarono nel tufo una piccola cappella e vi collocarono la sacra immagine della Madonna. All’interno della chiesetta di Piedigrotta a Pizzo, una delle opere più ammirate, per la sua complessità, è il gruppo statuario della “Pesca miracolosa”, che riproduce il celebre passo del Vangelo. Ma da quale quadro i fratelli Barone hanno tratto ispirazione per realizzarlo? La posizione del Cristo con sguardo e mani alzate al cielo, intorno a cui ruota tutta la scena dei pescatori e delle donne, contornato dagli apostoli in preghiera, è speculare ad un celebre dipinto, “La peche miraculeuse”, custodito nientemeno che al museo del Louvre a Parigi, eseguito intorno alla prima decade del Settecento dal pittore francese Jean Baptiste Journet il Grande. Si tratta di un’opera nota solo ai cultori dell’arte. Come e quando i Barone hanno potuto conoscere questa opera, dalla quale è partita l’ispirazione per realizzare il gruppo statuario napitino e che dimostra la profonda cultura artistica dell’autore Angelo Barone e dei suoi successori? Ma questa è un’altra storia, certamente degna dei dovuti approfondimenti.

Quelle coincidenze scoperte da Montesanti

La scoperta della singolare coincidenza si deve all’artista Antonio Montesanti, che ha così commentato: «Sono decenni che gli studiosi hanno guardato alle opere presenti nel nostro territorio con una specie di “pregiudizio localistico”, evitando così un confronto stilistico con la storia dell’arte che, invece, in questo caso, rivela ancora di più quanto quella chiesetta ipogea abbia un valore unico, da non sottovalutare. È dal 1950 che la chiesetta viene studiata da antropologi, storici dell’arte, restauratori, ecc., senza che questa scena fosse mai stata accostata al quadro di un pittore, ad una scena artistica nota. L’eccezionale risiede sia nella differenza di tecnica, molto più complessa ed elaborata in forma plastica, scultorea, con arenaria plasmata nelle dimensioni volute, piuttosto che una composizione pittorica. L’eccezionale è anche la complessità del gruppo, ripreso per intero dalla enorme tela del ‘700. Il nostro Barone non ha usato, come base per il suo lavoro creativo, il quadro, ma probabilmente una riproduzione litografica, magari estratta da qualche libro sui pittori francesi, come rivela la posizione “in reverse” della scena. Non è dunque un copiato tal quale, ma una sfida a riprodurre scultoreamente, in 3D diremmo oggi, una scena pensata ad una sola dimensione. Il confronto tra le due opere rivela che non è stato trascurato alcun elemento e questo renderà possibile un restauro delle forme molto più aderente al pensiero dell’artista, interpretando in maniera corretta le posture e le espressioni del gruppo. Insomma, una guida alla lettura dell’opera e al suo salvataggio dall’erosione del tempo per comprendere il valore dell’artista che ha realizzato tale sfida con la natura e l’arte: Angelo Barone. Personalmente, devo ammettere che l’aver potuto mettere in luce questa simmetria tra le due opere mi ha emozionato».

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