Rinascita Scott, il pm Frustaci difende il diritto di cronaca giudiziaria
L'avvocato ed imputato Francesco Stilo, nel corso di dichiarazioni spontanee, ha sollecitato il Tribunale di Vibo a prendere provvedimenti per impedire anche alle testate on line di esercitare il proprio dovere. Sollecitati specifici riscontri rispetto alle accuse lanciate da Emanuele Mancuso
Il diritto di cronaca giudiziaria ancora di scena nel maxiprocesso Rinascita Scott. A difenderlo strenuamente nell’aula di udienza dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia è stata il pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, dinanzi alle richieste dell’imputato Francesco Stilo, avvocato che, nel corso di spontanee dichiarazioni, oltre a rispedire al mittente alcune accuse nei suoi confronti ribadite oggi in udienza dal collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, ha sollecitato i giudici a prendere “immediati e opportuni provvedimenti per bloccare le testate giornalistiche on line” le quali, a suo dire, esercitando il diritto-dovere di informare l’opinione pubblica sulle udienze e sul dibattimento, starebbero mettendo in atto un “inquinamento probatorio”. Ferma il pm antimafia Annamaria Frustaci (che rappresenta la pubblica accusa nel maxiprocesso insieme ai colleghi Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso) che ha spiegato: “Esiste un diritto di cronaca giudiziaria, l’udienza è pubblica ed esiste un’ordinanza ineccepibile del Tribunale che impedisce la messa in onda immediata dell’audio delle udienze e delle riprese da parte delle televisioni. Ciò però non può rappresentare il pretesto – ha rimarcato il pm – per mettere un veto nei confronti delle testate giornalistiche perché non c’è nessun inquinamento probatorio in quanto stiamo assistendo in aula a dichiarazioni da parte dei collaboratori di giustizia già rese a suo tempo in datati verbali. Collaboratori che sono chiamati ora a ripetere in aula quelle stesse dichiarazioni, specificando meglio alcune circostanze. Nulla di nuovo, dunque, ma soprattutto nessun inquinamento probatorio come invece sostenuto dall’avvocato Stilo. Credo non possa e non debba passare – ha rimarcato il pubblico ministero – che il diritto e dovere di cronaca giudiziaria costituisca un inquinamento probatorio perché non stiamo introducendo temi nuovi. No, quindi, ad ordinanze del Tribunale repressive del diritto di cronaca. Chiedo quindi – ha concluso il pm– che una simile richiesta venga respinta dal Tribunale”. [Continua in basso]
Nel corso delle dichiarazioni spontanee, l’avvocato Francesco Stilo si è poi difeso dalle accuse che gli sono state mosse dal collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso e in precedenza anche da Andrea Mantella, sottolineando la mancanza di una data di inizio rispetto alla contestazione nei suoi confronti del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ribadendo Stilo di essere astemio e, quindi, di non essersi mai potuto ubriacare a casa di Pantaleone Mancuso per come invece raccontato da Emanuele Mancuso. L’avvocato Stilo ha sollecitato quindi il Tribunale e l’ufficio di Procura a verificare alcune circostanze come il periodo di detenzione dei fratelli Antonio e Pantaleone Mancuso (detenuti, secondo Stilo, nel periodo in cui Emanuele Mancuso ha dichiarato che l’avvocato si sarebbe recato per incontrarli per proporgli alcuni investimenti con soggetti russi) e poi anche altre circostanze relative all’esistenza di atti di indagine, all’epoca non ancora discoverate, che l’avvocato Stilo avrebbe consegnato ad Emanuele Mancuso ed al padre Pantaleone.
“Non posso essere io a pagare per tutti – ha dichiarato in aula Francesco Stilo – e aspetto di conoscere i nomi dei giudici che avrei corrotto così come di capire perché altri avvocati, anche di questo processo e di cui parlano i collaboratori, non sono stati perseguiti penalmente”. Tutte le circostanze riferite in aula dall’avvocato Stilo relative ai periodi di detenzione dei Mancuso ed alle “indagini richiamate da Emanuele Mancuso – ha concluso in aula il pm Annamaria Frustaci – sono in corso di accertamento, con la scrupolosa verifica di tutti i fascicoli di indagine, anche quelli rispetto ai quali c’è stata poi un’archiviazione”.
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