Rinascita Scott, Mantella ed i clan impegnati nei lavori a Pizzo e sull’autostrada
La ripartizione delle tangenti ed il ruolo di un imprenditore del calcestruzzo. L’estorsione ad un costruttore e il controllo dell’appalto per la Seggiola. Le ditte dei Fortuna ed il ruolo dei Bonavota
‘Ndrangheta, appalti, lavori pubblici e imprenditori. Questo il tema al centro della deposizione odierna di Andrea Mantella nel maxiprocesso Rinascita Scott. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il collaboratore di giustizia ha parlato della divisione delle estorsioni fra i clan per i lavori sull’autostrada nel tratto vibonese. “E’ stato l’imprenditore Giuseppe Prestanicola di Soriano a gestire i lavori sul tratto autostradale fra Vibo e Mileto – ha affermato Mantella – poiché era riuscito ad avere il monopolio su tali lavori con la sua impresa San Domenico. Il suo compito era quello di raccogliere i soldi delle estorsioni dalle altre ditte impegnate nei lavori autostradali e poi distribuire i soldi fra i vari clan territorialmente competenti nei singoli tratti autostradali. Giuseppe Prestanicola – ha continuato il collaboratore – è in primis un mafioso lui stesso, vicinissimo a Damiano Vallelunga, a Pantaleone Mancuso detto Scarpuni ed a tutta la famiglia Mancuso. Fra il 2002 ed il 2003 per i lavori in un determinato tratto autostradale hanno preso soldi pure i componenti del vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio come Peppe Cirianni, Domenico La Bella detto Micu Revolver, e Piperno detto Tanguni. Sul tratto autostradale di Sant’Onofrio, invece, a prendere i soldi sono stati i Bonavota ed i Cugliari, nel tratto delle Serre – ha aggiunto Mantella – Damiano Vallelunga, Bruno Emanuele e Franco Idà. Nel tratto di Mileto, infine, i clan Prostamo, Pititto e Galati ed in minima parte anche gli Evolo di Paravati. Il riparto fra i vari clan l’hanno però deciso i Mancuso, Vallelunga e Giuseppe Prestanicola”. Giuseppe Prestanicola, già condannato in altro procedimento della Dda proprio in relazione ai lavori autostradali, non è coinvolto nell’operazione Rinascita Scott. [Continua in basso]
Le estorsioni a Guastalegname
Andrea Mantella si è quindi soffermato sulla figura di Nazzareno Gustalegname, impegnato in alcuni lavori a Pizzo. “Si tratta di un imprenditore di Stefanaconi – ha dichiarato Mantella – legato a doppio filo a Gregorio Gasparro di San Gregorio d’Ippona ed ai Mancuso di Limbadi. Scarpuni dava fastidio ai Bonavota perchè il costruttore Guastalegname stava facendo dei grossi lavori su Pizzo e si era accordato con Rocco Anello e i Bonavota sul fatto che i soldi attraverso Gregorio Giofrè, di San Gregorio d’Ippona, dovevano andare per una parte pure ai Bonavota”. Nazzareno Guastalegname, secondo Andrea Mantella, avrebbe quindi in un primo tempo pagato Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, e Gregorio Giofrè. Una volta arrestati per altri motivi, Guastalegname avrebbe invece pagato la tangente ai Bonavota di Sant’Onofrio “perché dopo gli omicidi dei Cracolici di Maierato, su Pizzo i soldi dovevano andare ai Bonavota”.
“Gustalegname ha sempre pagato Scarpuni ed ha realizzato i lavori nel quartiere Moderata Durant di Vibo. Proprio per questo – ha spiegato Mantella – quando Pantaleone Mancuso uscì dal carcere iniziò a creare problemi ai Bonavota per l’estorsione sul territorio di Pizzo. Mi venne così a trovare Rosario Lo Bianco, genero del boss di Vibo Carmelo Lo Bianco detto Sicarro, il quale aveva preso da Guastalgname i subappalti a Pizzo. Rosario Lo Bianco, che ha concorso a Vibo nell’omicidio Piccione, mi chiese a chi doveva consegnare i soldi dell’estorsione, cioè se ai Bonavota o ai Mancuso. Io – ha ricordato Mantella – gli dissi che doveva portare il denaro solo a Giuseppe Barbieri di Sant’Onofrio, detto Padre Pio, uomo dei Bonavota”.
I pagamenti di Guastalegname, secondo Andrea Mantella, non sarebbero stati però sempre puntuali e da qui il progetto di tendere un vero e proprio “agguato ai danni dell’imprenditore. Un proposito – ha spiegato il collaboratore – poi non portato a termine poiché Guastalegname, dopo il ritrovamento di una bottiglia incendiaria sul cantiere, ha ripreso a pagare l’estorsione regolarmente”. Sull’imprenditore (che non è fra gli indagati) il collaboratore ha infine aggiunto che lo stesso “ha lavorato pure nella realizzazione del villaggio Garden con Franco Barba”. [Continua in basso]
I lavori alla Seggiola di Pizzo
Andrea Mantella, su domanda del pm, ha poi svelato altri particolari riguardanti i lavori pubblici su Pizzo Calabro. “I Bonavota si sono interessati pure ai lavori alla scogliera della Seggiola di Pizzo. La ditta che stava lavorando era di Cirò e così, poiché Domenico Bonavota aveva fatto amicizia in carcere con il boss di Cirò Giuseppe Farao, mandò un pizzino dal carcere a Giuseppe Barbieri. Quest’ultimo – ad avviso del collaboratore – ha quindi chiuso l’estorsione e preso i soldi per i lavori alla Seggiola. Lavori poi interrotti per problematiche di natura ambientale”.
Le ditte dei Fortuna di Sant’Onofrio
Il collaboratore di giustizia ha sul punto tenuto a distinguere la ditta di Giuseppe Fortuna, detto “Pino u Cacatu”, da quella dell’omonimo Giuseppe Fortuna fratello di Francesco Fortuna, quest’ultimo ritenuto elemento di spicco del clan Bonavota. “Pino u Cacatu – ha affermato Mantella – ha iniziato la sua attività lavorativa come carpentiere nell’impresa di Francesco Patania, detto Cicciobello, e poi ha costituito una ditta in autonomia facendosi assorbire in quella dell’omonimo cugino iniziando così a lavorare nel settore delle costruzioni a Pizzo, Vena di Ionadi, Maierato e Filogaso. In tale contesto si registra l’estorsione – ha raccontato ancora il collaboratore – alla ditta Sud Edil Ferro, costretta a dare sottocosto il ferro alla ditta di Giuseppe Fortuna. In precedenza avevo mandato Piero Castagna e Mario De Rito a posizionare una bottiglia incendiaria e delle cartucce. Dietro tali ditte dei cugini Fortuna – ha concluso Mantella – c’erano sempre i Bonavota”.
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