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Comune di Limbadi e infiltrazioni mafiose: ecco i motivi del commissariamento

Ministero dell’Interno e Prefettura di Vibo sottolineano la sussistenza di concreti, univoci e rilevamenti elementi di collegamento fra amministratori e ‘ndrangheta

Comune di Limbadi e infiltrazioni mafiose: ecco i motivi del commissariamento

“Sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi” con uno  “svilimento e ad una perdita di credibilità del Comune” che ha provocato “un pregiudizio agli interessi della collettività”, oltre ad un “avvilente e desolante contesto generale di rapporti tra l’ambiente politico ed il locale di ‘ndrangheta dei Mancuso, che ha reso necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità” . Questi alcuni passaggi della relazione del ministro dell’Interno, Marco Minniti, e del prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, che hanno portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi del Comune di Limbadi. Una relazione dettagliata e dura che evidenzia la presenza tra i sostenitori della lista capeggiata dal sindaco Pino Morello di soggetti che per Ministero e Prefettura sono “riconducibili ad ambienti controindicati”. La condizione di assoggettamento e condizionamento ambientale posto in essere dalla criminalità organizzata, secondo la relazione “è ben attestata dalla vicenda riguardante la deposizione testimoniale del sindaco in un procedimento pendente nei confronti di alcuni esponenti della criminalità organizzata nel quale, affinchè il primo cittadino – citato quale testimone – si presentasse a deporre è stato necessario disporre, da parte del sostituto procuratore della Repubblica, l’accompagnamento coatto eseguito dalle forze di polizia”. Chiaro il riferimento al processo “Black money” contro il clan Mancuso in corso dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia nel 2015.

Viene poi richiamata anche l’assessore Domenica Gurzì che nel corso della campagna elettorale del 2011 si è recata nell’azienda “di un esponente apicale della locale cosca”, cioè Pantaleone Mancuso, alias “Vetrinetta”, chiedendogli – per come emerso dagli atti dell’inchiesta “Black money” – “sostegno politico per quelle consultazioni amministrative. Nonostante tale episodio abbia avuto ampia risonanza mediatica, la relazione sottolinea che il primo cittadino Pino Morello “in occasione delle elezioni del 2015 ha candidato nella propria lista il menzionato amministratore – notoriamente vicino ad ambienti controindicati – conferendogli poi, ad elezioni avvenute, anche un incarico assessorile”. 

L’accesso ispettivo ha altresì evidenziato l’ingerenza degli organi politici nell’attività riservata all’apparato burocratico “in violazione del principio della separazione tra il potere di indirizzo e quello di gestione, riscontrando peraltro a carico di numerosi dipendenti – alcuni dei quali riconducibili per rapporti di parentela o frequentazioni ad ambienti criminali – numerosi pregiudizi di polizia e penali anche per reati di tipo associativo”. 

La relazione del prefetto, Guido Longo, pone poi l’accento sull’attività amministrativa caratterizzata dall’inosservanza delle disposizioni normative in materia di trasparenza e anticorruzione e di quelle in materia di affidamento di lavori e servizi pubblici. Il livello di trasparenza e prevenzione della corruzione viene quindi giudicato “inadeguato”, unitamente a riscontrate situazioni di “mala gestio che hanno favorito il condizionamento dell’attività amministrativa da parte di ambienti controindicati”. 

Per quanto riguarda l’area Tecnica è emerso il “ripetuto ricorso ad affidamenti diretti, a cottimi fiduciari e a proroghe di servizi disposti in favore di imprese riconducibili al locale contesto criminale e con liquidazione di consistenti fondi pubblici. Il tutto in carenza dei presupposti richiesti dalla normativa sui contratti pubblici e in violazione della legislazione sulle informazioni antimafia”.  L’amministrazione locale in molti casi avrebbe individuato le imprese cui affidare i lavori “in via diretta esclusivamente tra quelle presenti in ambito locale e senza alcuna preventiva ricerca di mercato, concordando direttamente con le stesse ditte gli importi delle commesse”.  Quindi, l’attenzione del ministro e del prefetto si è concentrata anche sui “ripetuti affidamenti dei lavori di giardinaggio e potatura degli alberi, per valori superiori a 50mila euro, disposti – in assenza di una preliminare comparazione di preventivi e con quantificazione degli importi rimessa alla stessa ditta esecutrice e non ai competenti uffici tecnici – in favore di una società segnalata dallo stesso sindaco” Pino Morello, i cui titolari “sono gravati da pregiudizi di polizia e penali”. 

Significative condotte omissive dell’amministrazione comunale avrebbero poi caratterizzato anche la gestione del servizio di mensa scolastica, affidato per l’anno scolastico 2015-2016 ad una ditta locale. In relazione a tale affidamento è emerso che “l’amministrazione comunale, pur a conoscenza di alcune irregolarità dell’appalto, non ha tempestivamente prodotto alla Prefettura la documentazione necessaria per effettuare, in tempo utile, le prescritte verifiche e controlli, all’esito dei quali, nei confronti della predetta società è stata emessa interdittiva antimafia. Tale circostanza ha permesso alla società di proseguire nell’esecuzione dell’appalto alla cui interruzione l’ente è addivenuto solamente dieci giorni prima della scadenza del contratto annuale a seguito dell’emissione dell’interdittiva antimafia. Anche per l’anno scolastico 2016-2017 il servizio di mensa scolastica, sulla base di un atto di indirizzo della giunta comunale, è stato assegnato in affidamento diretto senza alcuna preventiva ricerca di mercato ad un’impresa individuale il cui titolare appartiene ad una famiglia composta da soggetti gravati da vari reati anche di tipo associativo”. 

Elementi “univoci – si legge nella relazione – che attestano uno sviamento dell’azione amministrativa dai principi di legalità e buon andamento emersi anche dalle verifiche sulla procedura di affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani in relazione alla quale l’amministrazione comunale ha omesso di effettuare i prescritti controlli nel corso della sua esecuzione. Viene al riguardo evidenziato che la società appaltatrice, per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, ha utilizzato un veicolo di proprietà di altra società, destinataria di due interdittive antimafia emesse dalla Prefettura di Vibo il 5 giugno 2015 e l’11 novembre 2016, il cui titolare è persona gravata da pregiudizi penali ed è riconducibile ad ambienti criminali”. E’ altresì significativa la circostanza che “l’amministrazione comunale ha provveduto ad indire la nuova gara per l’affidamento del servizio in questione solamente il giorno antecedente la scadenza del contratto, consentendo così alla società che per lo svolgimento del servizio si è avvalsa dei mezzi di un’impresa destinataria di due interdittive antimafia, di proseguire la raccolta ed il trasporto dei rifiuti per ulteriori sei mesi”. 

In relazione poi al diffuso fenomeno dell’abusivismo idrico, la relazione del prefetto ha evidenziato che “l’omessa attività di controllo da parte dell’ente, attestata dalla presenza sul territorio comunale di allacci abusivi, oltre a generare problemi di approvvigionamento idrico per la popolazione residente, ha determinato mancati introiti per il Comune che ha corrisposto, in favore della società che gestisce l’acquedotto, importi maggiori rispetto a quanto riscosso dai canoni idrici.  In tale ambito – secondo Ministero e Prefettura – risulta emblematica la vicenda relativa all’abitazione di un noto capo cosca situata a pochi metri dalla casa comunale e priva di un regolare allaccio alla rete idrica per la quale, a seguito di successivi accertamenti effettuati dai carabinieri, il coniuge di tale esponente malavitoso è stato deferito in stato di libertà alla Procura di Vibo”.

Per quanto riguarda il servizio economico finanziario è stato riscontrato un “diffuso disordine amministrativo e l’assenza di interscambio di dati tra gli uffici amministrativi dell’ente, con inefficienze ed omissioni nella riscossione dei tributi dalle quali hanno tratto vantaggio sia soggetti legati agli amministratori che appartenenti alla locale organizzazione criminale”. 

Si è quindi dinanzi, secondo il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Vibo Valentia, il Consiglio dei Ministri ed il Presidente della Repubblica che ha firmato il decreto di scioglimento, ad uno “svilimento e ad una perdità di credibilità del Comune” di Limbadi che ha provocato un pregiudizio agli interessi della collettività, con un “avvilente e desolante contesto generale di rapporti tra l’ambiente politico ed il locale di ‘ndrangheta dei Mancuso, che ha reso necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità”. 

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