Comune Limbadi: l’ex sindaco contro il ministro dell’Interno e la Prefettura di Vibo (VIDEO)
Dichiarazioni “sopra le righe” da parte di Pino Morello dopo lo scioglimento degli organi elettivi dell’ente locale per infiltrazioni mafiose
Sono dichiarazioni dai toni forti quelle del sindaco (ormai ex), Giuseppe Morello, dopo lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Limbadi per infiltrazioni mafiose deciso dal Consiglio dei Ministri in accoglimento di una proposta avanzata dal ministro dell’Interno Marco Minniti che ha fatto proprie le relazioni del prefetto di Vibo Valentia, Guido Longo, e della commissione di accesso agli atti. Dichiarazioni in diversi passaggi gravi perché gettano “ombre” – al momento senza fornire prove – sull’operato dei commissari prefettizi e sulla stessa Prefettura di Vibo Valentia paventando “complotti” ed addirittura una “manipolazione dei fatti”. Un dato emerge prepotentemente dalle dichiarazioni dell’ex sindaco, Pino Morello, e fa al momento a “cazzotti” con la logica: si commenta e si dice che lo scioglimento arriva poiché l’amministrazione comunale di Limbadi “ha dato fastidio a qualcuno”, pur senza aver ancora letto il decreto di scioglimento del Consiglio comunale che, allo stato, non è stato neppure firmato dal presidente della Repubblica e quindi notificato agli ex amministratori di Limbadi. Dichiara il sindaco Morello: “Mafia batte Stato mille a zero. Di certo Minniti non ha letto le carte e non conosce Limbadi. Tutelerò in ogni sede ed in ogni modo l’immagine dell’onesta e laboriosa comunità limbadese. Lo stesso farò per i compagni di viaggio”. Non sappiamo in verità sulla base di cosa Pino Morello affermi che il ministro dell’Interno, Marco Minniti, non abbia letto le carte ovvero la relazione favorevole allo scioglimento del Consiglio comunale che gli è stata inoltrata dal prefetto di Vibo Valentia e dalla Commissione di accesso agli atti. Di certo sappiamo però che tale relazione non l’ha letta Morello. Non l’ha letta non perché non sappia leggere o non abbia avuto voglia di leggerla (come paventato dallo stesso ex primo cittadino per il ministro Minniti), ma semplicemente perché non ancora in suo possesso.
Nelle dichiarazioni di Pino Morello colpisce poi – ma non è il solo ex amministratore del Vibonese ad aver fatto ciò – l’identificazione della comunità limbadese con il Consiglio comunale sciolto per infiltrazioni mafiose. “Tutelerò in ogni sede ed in ogni modo l’immagine dell’onesta e laboriosa comunità limbadese. L’intero paese non meritava questo” dichiara infatti l’ex sindaco Morello, quando in realtà sono stati sciolti semplicemente gli organi elettivi dell’ente locale e non altro. Nessun decreto di scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose ha del resto mai messo in dubbio (né lo potrebbe mai fare) la laboriosità e l’onestà di una comunità ed è persino errato dire che si è sciolto il Comune (come pure scritto da qualche giornalista). Non è stato affatto sciolto l’ente Comune – che continua a svolgere le proprie funzioni come sempre – ma solo il Consiglio comunale (che è cosa diversa dal Comune).
Ma nelle dichiarazioni di Pino Morello c’è di più. “Sono un comunista da sempre – ha aggiunto all’Ansa – e questo evidentemente ha dato fastidio. Non era tollerato un sindaco comunista per amministrare un paese in cui l’economia è sana, con aziende che hanno rapporti commerciali in tutto il mondo, malgrado la provincia di Vibo Valentia sia la più povera del Paese. Ha dato fastidio, evidentemente, il fatto che io sia una persona fuori dal coro”. Ora, a chi abbia potuto dare fastidio l’ex sindaco Morello (a prendere per buone le sue affermazioni) non è al momento dato sapere, ma non può non colpire la sottolineatura del suo essere “comunista da sempre”, formazione politica (l’ex P.C.I.) che però – per pura coincidenza – è anche quella da cui proviene l’attuale ministro dell’Interno, Marco Minniti, che ha proposto ed ottenuto lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale di Limbadi.
Di certo nessuna ombra può essere gettata così “allegramente” e con leggerezza su uomini delle istituzioni che sinora hanno svolto il proprio lavoro al servizio dello Stato e senza macchia alcuna. Unanimemente riconosciute sono infatti le qualità professionali e l’onestà intellettuale dei componenti della Commissione di accesso agli atti che hanno redatto la relazione sul Comune di Limbadi: il viceprefetto Roberto Micucci, il commissario della polizia Antonio Lanciano (già vice capo della Squadra Mobile di Vibo Valentia), il tenente dei carabinieri Renato Lanzolla e poi anche il maresciallo dei carabinieri Lorenzo Mazzotta, il brigadiere dell’Arma Giovanni Pellegrino, i marescialli della Guardia di finanza Andrea Anzalone e Gerardo Licasale.
L’ex primo cittadino ha quindi dichiarato di aver “contrastato seriamente i Mancuso sin dal 1974, assieme ai comunisti di Limbadi. Eppure, da quando ci siamo insediati come amministrazione, nove mesi fa, siamo stati sempre sulla graticola per l’attenzione soffocante da parte degli organi inquirenti ed investigativi. A Limbadi non c’è stata una commissione d’accesso, ma una santa inquisizione. Sono inviperito perché non solo il Comune di Limbadi, ma l’intero paese non meritava tutto questo. Farò ricorso al Tar contro lo scioglimento, lo vinceremo e denuncerò tutti coloro che in questa vicenda hanno manipolato i fatti”.
Già, i fatti. Quelli ancora non conosciuti perché non resi noti ( e pur, incredibilmente, oggetto di critiche) e quelli che invece si conoscono perché emersi in alcune inchieste e da altri atti. Come la vicenda che ha riguardato l’assessore Domenica Gurzì, nominata da Morello nella sua giunta nonostante la stessa fosse emersa (non indagata, è bene sottolinearlo) due anni prima nell’inchiesta “Black money”. Intercettata dai carabinieri del Ros a casa del boss Pantaleone Mancuso, alias “Vetrinetta”, dalle captazioni emergono due dati certi: il rifiuto del boss nel 2011 di fornire il proprio sostegno elettorale alla Gurzì in quanto candidata nella lista di Morello che viene definito dallo stesso Mancuso come un nemico da sempre. Anzi, uno per “colpa” del quale Vetrinetta sarebbe finito in galera. Dall’altro lato emergono però i rapporti della Gurzì con la famiglia del boss ed il fatto che la stessa si sia recata a casa di Pantaleone Mancuso dove ha chiesto sostegno elettorale (poi non ottenuto). Basta questo per sciogliere un Consiglio comunale? Certamente no, ma da ciò che è possibile apprendere da altri atti – finiti anche nel 2014 all’attenzione della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi – non mancano le annotazioni dei carabinieri della Stazione di Limbadi su frequentazioni, rapporti di parentela con soggetti controindicati e precedenti di polizia di alcuni consiglieri comunali. Qualcuno sarebbe stato negli scorsi anni anche fermato in auto in compagnia del figlio di uno dei boss della famiglia Mancuso. Troppo poco, certo, per sciogliere un Consiglio comunale. Quanto dovrebbe bastare, però, per porre qualche interrogativo sulle responsabilità della politica nella scelta dei candidati. Sempre fermo restando che i motivi alla base dello scioglimento (certamente contenenti altre vicende) non sono stati ancora resi noti e criticare ciò che non si conosce si rivela spesso solo un clamoroso autogoal.
In attesa della notifica del decreto di scioglimento, la Prefettura di Vibo Valentia ha nominato commissari per la gestione provvisoria dell’ente il prefetto Alessandra Camporota, il viceprefetto aggiunto Emma Caprino ed il funzionario economico-finanziario Francesco Battaglia.
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