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Rinascita Scott, Mantella e la ‘ndrina dei Pardea, dall’ascesa al declino

Il collaboratore di giustizia ha svelato la storia del clan e lo scontro con i Lo Bianco ed i Pugliese. La nuova guida della cosca con Domenico Camillò e la figura di Salvatore Morelli

Rinascita Scott, Mantella e la ‘ndrina dei Pardea, dall’ascesa al declino
Carmelo Lo Bianco “Piccinni”

Ha oggi ripercorso anche l’ascesa ed il declino del clan Pardea di Vibo Valentia, il collaboratore di giustizia Andrea Mantella nel corso del maxiprocesso Rinascita Scott. Un clan nato negli anni ’60 e poi ridimensionato ed inglobato sul finire degli anni ’70 nella nascente consorteria mafiosa guidata da Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni.

I Pardea di Vibo Valentia sono una famiglia storica della ‘ndrangheta il cui capo era Ciccio Pardea – ha spiegato il collaboratore – che aveva sposato una sorella di mio padre. Mio cognato Niuccio Franzè da giovane era affiliato proprio al clan Pardea e aveva un rapporto di fratellanza con Michele Pardea, poi ucciso nel Casertano. I Pardea sul finire degli anni ’70 hanno perso di credibilità e sono emerse le figure di Carmelo Lo Bianco, detto Piccinni, e Francesco Fortuna detto Ciccio Pomodoro. Il vero capoha dichiarato Mantella – era però Carmelo Lo Bianco, in quanto Francesco Fortuna era più un azionista, un personaggio con poco cervello al soldo di Carmelo Lo Bianco che era invece il vero capo”. In precedenza, a mediare fra i Pardea ed i Lo Bianco ci sarebbe stato su Vibo Valentia Antonio Zoccoli (deceduto nel 1977 all’età di 78 anni), un vecchio patriarca della ‘ndrangheta – indicato anche da Mantella nel corso dell’esame – proveniente da Santo Stefano d’Apromonte ed inviato a Vibo in soggiorno obbligato durante il periodo fascista. [Continua in basso]

Rosario Pugliese

I Pardea, perdendo prestigio, da padroni della ‘ndrangheta di Vibo – ha dichiarato il collaboratore – sono diventati dei garzoni sotto l’influenza dei Lo Bianco. Domenico Pardea, alias Il Professore, aveva un’azienda di movimento terra ed ha fatto tanti lavori insieme a Nicola Tripodi anche per il nuovo carcere di Vibo. Aveva pure le autobotti del gasolio a Vibo Marina. Michele Pardea ha fatto tanti anni di carcere per un omicidio e quando è uscito voleva vendicare coloro, che nel frattempo, gli avevano ucciso il fratello, ovvero Antonio Pardea detto Furia, ed avevano eliminato pure i fratelli Tambuscio. Antonio Pardea – ha sostenuto Mantella – è stato ucciso dai Pugliese, detti Cassarola, ed il corpo è stato buttato in pilastri di cemento a Briatico. Michele Pardea, che in carcere aveva stretto un’alleanza con i Casalesi, una volta fuori voleva distruggere tutti i Pugliese-Cassarola, ma è stato tradito ed è morto in un agguato nel Casertano.

Francesco Antonio Pardea

La ‘ndrina dei Pardea è così passata sotto la guida di Domenico Camillò, detto Mangano, fratellastro dei Pardea ma amicone – ha sostenuto Mantella – e compagno di merende di Carmelo Lo Bianco, Piccinni, ed Enzo Barba”. Gli unici della famiglia Pardea che avrebbero coltivato propositi di vendetta nei confronti della famiglia Pugliese (Cassarola), a detta di Mantella, sarebbero stati Francesco Antonio Pardea “e il padre Raffaele Pardea – ha dichiarato il collaboratore – con Antonio appartenente al mio gruppo. Avevano propositi omicidiari contro i Cassarola, ma io non ho mai dato l’assenso per uccidere i Pugliese. Ricordo – ha dichiarato Mantella – che per il mio gruppo era comunque Giacomo Trimboli, zio di Antonio Pardea, la persona che deteneva le armi e le nascondeva nel vano dell’ascensore. La droga, invece, nel mio gruppo la trattavano direttamente mio cugino Salvatore Mantella, che ha doti di ‘ndrangheta elevate, Francesco Scrugli, Mommo Macrì, Enzo Mantella, Antonio Pardea e Salvatore Morelli. La droga la prendevano da Gaetano Emanuele e Franco Idà di Gerocarne, poi da Pino Barbieri di Sant’Onofrio. Ricordo che Antonio Pardea e Salvatore Morelli hanno ceduto dello stupefacente pure al figlio di Rocco Anello di Filadelfia. [Continua in basso]

Salvatore Morelli

Proprio Morelli era stato affiliato nel clan Lo Bianco, ma non condividendo come me la sottomissione ai Mancuso, era transitato nel mio gruppo. E’ una persona molto intelligente e furba e me ne servivo sia per tenere d’occhio i Piscopisani, con cui era legato, sia per le estorsioni e l’usura. Abbiamo fatto tutti i reati insieme, tranne gli omicidi. Salvatore Morelli è venuto a Nicotera Marina con me e Rosario Battaglia di Piscopio – ha concluso Mantella – quando volevamo uccidere Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, ma nell’occasione non ci siamo riusciti”. Morelli, ritenuto da Mantella il suo erede naturale sulla città di Vibo Valentia, è attualmente latitante.

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