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Autobomba a Limbadi, il genero di Di Grillo: «Noi estranei ai fatti» (VIDEO)

Il congiunto del 71enne marito di Rosaria Mancuso, che aveva avuti forti con la famiglia Vinci, difende la famiglia e afferma: «Eravamo al lavoro come sempre. Non c’entriamo niente» 

Autobomba a Limbadi, il genero di Di Grillo: «Noi estranei ai fatti» (VIDEO)

L’abbraccio della scrittrice Merilia Ciconte accoglie Rosaria Scarpulla davanti al Tribunale di Vibo. Rosaria ha perso il figlio Matteo Vinci, ucciso dall’autobomba esplosa lunedì a Limbadi. Suo marito Francesco è ricoverato al centro grandi ustioni di Palermo. In lacrime racconta l’inquietante precedente di questo attentato, risale allo scorso 30 ottobre, quando Francesco Vinci venne pestato a sangue dai familiari di Di Grillo. Un’aggressione che gli costò un ricovero in terapia intensiva. La donna chiede giustizia. Punta l’indice sui vicini, i Di Grillo-Mancuso con cui era in lite per i confini di un terreno. Il nome Mancuso incute terrore da queste parti, ma i Vinci non si sono mai fatti intimidire e questo, per il legale della famiglia, è stata la condanna a morte di Matteo. L’Avvocato De Pace parla di “strage annunciata”.

Rosaria, la nuora e il loro legale si sono presentati questa mattina presto in Tribunale per la convalida dell’arresto di Domenico Di Grillo – per il quale il gip Gabriella Lupoli ha poi disposto gli arresti domiciliari – il marito di Rosaria Mancuso, arrestato per il possesso illegale di un fucile in seguito alle perquisizioni dei carabinieri dopo l’autobomba. Ad assistere Di Grillo c’è l’avvocato Giuseppe Di Renzo. Che tiene a puntualizzare come il suo assistito sia stato arrestato per il possesso illegale del fucile e delle munizioni e non per l’autobomba. 

I Di Grillo-Mancuso professano la loro estraneità ad ogni accusa. Davanti al carcere, in attesa del verdetto sulla convalida dell’arresto, Vito Barbàra, marito di Lucia Di Grillo e genero di Rosaria Mancuso. Difende i propri congiunti da quella che definisce «un’accusa infondata. Noi siamo estranei ai fatti – ha detto -. Sono venuti a prendere le immagini di videosorveglianza della mia attività e ancora non sono tornati, questo vuol dire che noi eravamo lì a lavorare. Siamo stati noi – ha detto – a rivolgerci alla legge per risolvere problemi di vicinato, non loro. Andate a Limbadi a chiedere chi è mio suocero: non lo conosce nessuno. E’ logico che mi dispiace per quello che è accaduto, però non dobbiamo confondere Dio con la Madonna, per non dire un’altra cosa». A Limbadi, intanto, solo silenzio. Rosaria Mancuso è chiusa in casa e non risponde. In paese c’è attesa, attesa per l’autopsia, per i funerali. Per la giustizia

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