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Rinascita Scott, Moscato e le accuse a Giamborino e Pino D’Amico

A conclusione dell’esame, il collaboratore di giustizia si è soffermato sui legami del clan dei Piscopisani con politici e imprenditori. I verbali di Farris e le operazioni mai scattate

Rinascita Scott, Moscato e le accuse a Giamborino e Pino D’Amico

Chiusura dell’esame del collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, da parte del pm della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso nel maxiprocesso Rinascita Scott. In precedenza a concludere il controesame del collaboratore sono stati gli avvocati Gianni Puteri, Mario Murone, Diego Brancia, Francesco Sabatino e Vincenzo Gennaro.

Raffaele Moscato, dopo aver ripetuto di essere stato l’esecutore materiale dell’omicidio di Fortunato Patania, ritenuto a capo dell’omonimo clan di Stefanaconi ed ammazzato nel settembre 2011, ha ribadito che “Antonio Lo Giudice faceva parte del vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio ed è stato ucciso da Giuseppe Accorinti con la complicità di Saverio Razionale. Il corpo di Lo Giudice – ha affermato Moscato – è stato bruciato e poi riconosciuto solo grazie ad una collana. Lo Giudice ha pagato per non aver voluto abbandonare Roberto Soriano di Filandari, anche lui ucciso nella medesima circostanza”. [Continua in basso]

Intenzione del clan dei Piscopisani sarebbe stata anche quella di eliminare Francesco Lopreiato di San Gregorio d’Ippona, detto “Ciccio il killer”, cognato dei fratelli Patania di Stefanaconi contro i quali era in lotta all’epoca la consorteria di Piscopio. Un omicidio che doveva essere eseguito da Gregorio Gasparro di San Gregorio d’Ippona per fare un favore ai Piscopisani. Quindi i pranzi e le riunioni a casa di Giuseppe D’Angelo, detto “Pino il Biricchino” e dove, oltre a Moscato, sarebbero stati presenti Gregorio Giofrè, Rosario Battaglia, Saverio Razionale e Gregorio Gasparro. “Razionale si è poi trasferito a Roma – ha riferito Moscato rispondendo alle domande dell’avvocato Gianni Puteri – raggiungendo livelli altissimi nella ‘ndrangheta, mantenendo contatti con i colletti bianchi”. Moscato ha però specificato di non sapere nulla dei rapporti fra Razionale e la massoneria e di non aver visto assegni del Vaticano in mano a Razionale, ma solo di averne sentito parlare da altri.

Saverio Razionale

A seguire, il collaboratore ha fatto diversi passaggi sulla figura di Diego Bulzomì di Vibo Valentia, non imputato nel processo Rinascita Scott ma indicato dal collaboratore come soggetto dedito all’usura e collegato ad altri imputati di Rinascita come Saverio Razionale, Gianfranco Ferrante e Domenico Moscato, quest’ultimo zio dello stesso collaboratore, già proprietario di un tabacchino a Vibo ed indicato anche come vicino ad. Altra parte dell’esame e del controesame del collaboratore è stata invece dedicata alla figura di Nazzareno Fiorillo di Piscopio, detto “U Tartaru”, e sulla conoscenza di quest’ultimo in ordine ai fatti di sangue in qualità di capo del locale di ‘ndrangheta di Piscopio. Su Nazzareno Fiorillo, inoltre, sarebbero ricaduti i sospetti di Rosario Battaglia che lo riteneva un traditore e un personaggio che avrebbe siglato autonomamente la pace con il clan Patania di Stefanaconi.

Giuseppe D’Amico

Raffaele Moscato si è poi soffermato sul vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio di cui avrebbe “fatto parte Domenico La Bella, detto Micu Revolver, padre di Benito La Bella”, quest’ultimo imputato nel processo Rimpiazzo. A capo del vecchio locale di Piscopio, Moscato ha collocato Francesco D’Angelo, detto Ciccio Ammaculata, suocero di Giuseppe D’Amico della Dmt Petroli”, di recente arrestato nell’operazione Petrol Mafie (nota anche come Rinascita Scott 2). Rispondendo alle domande del pm, Andrea Mancuso, Moscato ha spiegato che “Pino D’Amico della Dmt Petroli era un imprenditore dei Piscopisani ed è stato sempre a disposizione del clan. Ha messo del denaro per l’acquisto di cocaina, era sempre presente ai matrimoni dei Piscopisani e ci prestava sempre delle auto pulite per evitare controlli. Auto che abbiamo usato anche per andare a Palermo per prelevare la droga. A Mantella, Scrugli e Fiorillo – ha aggiunto il collaboratore – Pino D’Amico ha consegnato cisterne di nafta, mentre in altra occasione ha assunto nella sua ditta Salvatore Morelli per far figurare che quest’ultimo avesse un’attività lavorativa”. Salvatore Morelli di Vibo Valentia è attualmente latitante per Rinascita Scott e l’altro principale collaboratore dell’inchiesta – Andrea Mantella – l’ha definito come suo “erede naturale”.

Pietro Giamborino

Non sono mancati neppure i riferimenti ai collegamenti di Pino D’Amico con la politica. “Aveva rapporti con Pietro Giamborino – ha spiegato Moscato – lo stesso Giamborino che ha chiesto i voti ai fratelli Battaglia, Rosario e Giovanni, in occasione delle elezioni. In cambio dei voti, Giamborino si impegnava a far avere lavori a ditte compiacenti come quella di Pino D’Amico. Pietro Giamborino era battezzato nella ‘ndrangheta – ha dichiarato Moscato – e faceva parte del vecchio locale di Piscopio”. Pietro Giamborino è fra gli imputati di Rinascita Scott.
Infine, i riferimenti a Salvatore Mazzotta di Pizzo che, ad avviso di Moscato, sarebbe stato vicino a Rosario Battaglia e pure lui “battezzato” nella ‘ndrangheta, occupandosi pure di rifornire di droga la piazza di Catanzaro. Salvatore Mazzotta è imputato in Rinascita Scott quale presunto capo ‘ndrina di Pizzo Calabro. [Continua in basso]

Luigi Farris ed i verbali dimenticati nei cassetti

Concluso l’esame di Raffaele Moscato, è toccato a Luigi Farris ripresentarsi in video-collegamento per esser sottoposto al controesame da parte dell’avvocato Guido Contestabile, fra gli altri, difensore di Giancarlo Pittelli. Già proprietario di un negozio di mobili a Vibo Valentia e poi finito nelle mani degli usurai, testimone di giustizia e poi collaboratore, Luigi Farris ha iniziato a fare le prime dichiarazioni nel 1995 fornendo nomi e cognomi dei suoi strozzini e non solo: ha indicato i componenti di buona parte dei clan del Vibonese, verbalizzando dinanzi ai pm della Dda dell’epoca. Da quando ho fatto le prime dichiarazioni – ha affermato anche oggi Luigi Farris – non sono stato più richiamato per successivi interrogatori nonostante la consegna persino degli assegni che provano l’usura ai miei danni. Collaboro dal 1995 e sinora per sfuggire alle vendette delle persone che ho accusato ho dovuto cambiare 22 residenze. Nessun processo è stato istruito sulla base delle dichiarazioni che ho reso, nonostante siano passati 25 anni. Ho anche dichiarato di aver chiesto aiuto al boss Giuseppe Mancuso, conosciuto attraverso Saverio Razionale, affinchè intervenisse su Nato Mantino che veniva nel mio supermercato di Nocera Torinese prendendosi la merce”. Su alcune domande poste dall’avvocato Guido Contestabile a Luigi Farris si è invece registrata l’opposizione del pm Andrea Mancuso, segno che sui mancati sviluppi investigativi denunciati da Farris nelle scorse udienze, e relativi ai numerosi verbali resi e rimasti senza conseguenze giudiziarie, sono in corso ulteriori indagini della Dda di Catanzaro finalizzate a capire come e perché per 25 anni le dichiarazioni del testimone di giustizia siano rimasti a “dormire” in qualche cassetto.

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