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Scomparsa di Maria Chindamo: si indaga su un’auto rottamata segnalata da un testimone

Il pm della Procura di Vibo, Concettina Iannazzo, alle prese con nuovi elementi che si incrociano alle dichiarazioni di un pentito, ad una lettera anonima ed al suicidio del marito della donna

Scomparsa di Maria Chindamo: si indaga su un’auto rottamata segnalata da un testimone

Si aggiungono nuovi elementi al fascicolo d’indagine aperto dal pm della Procura di Vibo Valentia, Concettina Iannazzo, sulla scomparsa di Maria Chindamo datata 6 maggio 2016. L’attenzione degli investigatori si è concentrata nelle ultime ore sulla testimonianza di un automobilista che avrebbe riferito della presenza di un’auto sospetta lungo la strada provinciale che conduce a Montalto di Limbadi nella campagna dell’imprenditrice agricola di Laureana di Borrello. Gli inquirenti sono riusciti a rintracciare l’auto, senza assicurazione, per molto tempo ferma e pare rimessa in moto il giorno della scomparsa della donna. Auto in ogni caso demolita e rottamata, poco dopo la sparizione di Maria, e sulla quale, quindi, non è stato possibile effettuare alcun rilievo. Il proprietario della vettura è stato però identificato, ma sullo stesso vige il più assoluto riserbo, così come sulla tempistica della demolizione dell’auto. Non si sbilanciano sulla novità investigativa neanche i familiari di Maria Chindamo che da tempo chiedono verità e giustizia sulla scomparsa della congiunta. 

Il rapimento, il sangue e la telecamera manomessa. Gli inquirenti hanno da subito escluso il coinvolgimento della ‘ndrangheta nel rapimento di Maria Chindamo e alcuni elementi portano a ritenere quasi certa la presenza di testimoni che hanno assistito all’aggressione ed al successivo sequestro della donna. Si indaga da tempo anche su un particolare di non poco conto: i sequestratori hanno manomesso l’unica telecamera della zona, quella che avrebbe potuto filmare la presenza e i movimenti di chi ha deciso di prelevare con la forza Maria Chindamo e portarla con sè per farla sparire. Sul luogo del rapimento, ovvero nei pressi del cancello della tenuta agricola della donna, gli investigatori hanno trovato diverse tracce di sangue di Maria Chindamo. Nulla trapela però dagli inquirenti sulla possibilità che alcune tracce di sangue, rinvenute sulla Dacia Duster di Maria, possano appartenere anche ad altre persone ovvero ai suoi sequestratori. Appare certo che la donna ha opposto resistenza prima di essere portata via. 

Al vaglio della Procura di Vibo vi è inoltre da tempo una lettera anonima trasmessa al pm Concettina Iannazzo (in foto) dal capitano dei carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro che, a sua volta, l’ha ricevuta da don Pino De Masi, referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro e parroco della comunità “S. Marina Vergine” di Polistena. Una missiva anonima inviata al sacerdote contenuta in una busta ed infilata nella cassetta delle lettere della parrocchia. Su un foglio bianco qualcuno ha fornito delle indicazioni precise che don Pino De Masi – nel corso di un’intervista – non ha esitato a definire come “super attendibili”.

Il suicidio del marito ed il messaggio su facebook. Altro particolare non trascurato dagli inquirenti è quello relativo all’inquietante coincidenza temporale fra la scomparsa di Maria ed il suicidio del marito Ferdinando Punturiero, avvenuto esattamente un anno prima, cioè il 6 maggio 2015. La relazione fra i due era finita da tempo. La Procura di Vibo, con il pm Concettina Iannazzo, è quindi impegnata ad esplorare anche l’ambito strettamente privato e familiare di Maria Chindamo che, una settimana prima del rapimento, sulla sua pagina facebook personale aveva riportato una frase di Oriana Fallaci: “Il coraggio è fatto di paura…”. Che Maria Chindamo temesse qualcosa o qualcuno è uno degli interrogativi principali a cui gli inquirenti sono chiamati a dare risposte.

Il collaboratore Giuseppe Dimasi. Da ultimo sulla scomparsa di Maria Chindamo arrivano pure le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia di Laureana di Borrello, Giuseppe Dimasi, coinvolto nell’operazione antimafia denominata “Lex” e ritenuto legato al clan Ferrentino di Laureana. Interrogato dal pm della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano, il 2 agosto 2017 (i verbali sono stati depositati nell’ambito del procedimento “Lex”) ha infatti dichiarato: «Con riferimento alla scomparsa di Maria Chindamo, Marco Ferrentino diceva “secondo me gliel’hanno fatta pagare” e alludeva al fatto che la donna aveva avuto una relazione extraconiugale e il marito non accettando la separazione si era suicidato». Poche parole che però aprono una pista ben precisa, quella della vendetta per una presunta relazione intrapresa da Maria Chindamo.

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