Il controesame di Emanuele Mancuso e i segreti del clan, un “guaio” per la famiglia
Rinascita Scott: il collaboratore di giustizia e la cocaina sniffata anche con alcuni avvocati. Le divisioni nella cosca, i rapporti con il padre e con lo zio Luigi e il dominio mafioso su larga parte del Vibonese
Avvocati che avrebbero fatto uso di sostanze stupefacenti insieme ad Emanuele Mancuso (di cui non ha però fatto nomi in udienza) e quindi le contrapposizioni all’interno del clan raccontate da chi, per il padre, era solo uno capace “di combinare guai”. Il “guaio principale per loro è stato però il mio percorso da collaboratore di giustizia”. Questo e molto altro oggi nel controesame del collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, nel corso del maxiprocesso Rinascita-Scott. Dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, il collaboratore ha risposto alle domande di diversi avvocati degli imputati, in alcuni casi ribadendo quanto dichiarato nel corso dell’esame condotto dai pubblici ministeri della Dda di Catanzaro, in altri arricchendo i racconti di nuovi particolari, in altri ancora chiarendo diverse circostanze. [Continua in basso]
Nel corso del controesame dell’avvocato Michelangelo Miceli, ad esempio, Emanuele Mancuso ha ribadito il ruolo di spicco di Agostino Papaianni, residente a Coccorino di Joppolo, all’interno del clan Mancuso e, più in particolare, nell’articolazione facente capo a Luigi Mancuso. Agostino Papaianni – attualmente latitante – è infatti accusato di essere il “dominus” incontrastato del controllo mafioso del clan Mancuso sul territorio di Ricadi. Importanti in questo caso i dati temporali, atteso che nei confronti di Agostino Papaianni sono già state emesse due sentenze al termine delle operazioni “Dinasty” e “Black money” dove il reato di associazione mafiosa è per lui caduto. Emanuele Mancuso ha anche dichiarato di aver conosciuto Giuseppe Papaianni, figlio di Agostino, e di aver militato insieme a lui nella squadra di calcio di Joppolo.
Il riavvicinamento e l’alleanza – dopo anni di contrapposizione – fra i cugini omonimi Pantaleone Mancuso (alias “l’Ingegnere”, padre di Emanuele, e “Scarpuni”) sono emersi poi nel corso del controesame condotto da diversi avvocati, fra i quali Leopoldo Marchese, al pari del ruolo di Pasquale Gallone di Nicotera, indicato come uno dei fedelissimi di Luigi Mancuso, il capo della famiglia, ad avviso di Emanuele, capace di riunire l’intero clan superando contrapposizioni e divisioni, tranne quella con Francesco Mancuso, alias “Tabacco” (fratello di Pantaleone, detto “l’Ingegnere”), ferito a Spilinga il 8 luglio 2003 in un agguato per il quale come mandante si trova sotto processo (nell’operazione “Errore Fatale”) Cosmo Michele Mancuso, zio dello stesso “Tabacco” nonché fratello di Luigi.
All’avvocato Franco Muzzopappa è quindi toccato porre domande in ordine alla posizione di Gregorio Niglia di Briatico – indicato come vicino al boss di Zungri Giuseppe Accorinti – e sul padre Francesco Giuseppe Niglia, detto “Pino U Cani”. In particolare è stato toccato il tema del traffico di stupefacenti con gli albanesi. A seguire, l’avvocato Antonio Porcelli ha chiesto al collaboratore chiarimenti in ordine ad eventuali testimonianze rese su omicidi commessi in provincia di Asti.
Ancora traffico di stupefacenti, usura e la rissa nella discoteca Punta Cana (per la quale sono stati chiamati in causa Michelangelo e Giuseppe Barbieri di Pannaconi di Cessaniti, ritenuti vicini al clan Accorinti di Zungri) al centro del controesame dell’avvocato Giuseppe Di Renzo, con Emanuele Mancuso spesso in compagnia di Giuseppe Mancuso (cl. ’90), figlio di Giovanni Mancuso (cl. ’41), il “nipote prediletto da Luigi Mancuso, tanto da fargli da autista”. Emanuele Mancuso ha quindi spiegati di non ricordare il tipo di pistola con la quale ha dichiarato di aver sparato sia al negozio della compagna di Giuseppe Barbieri (dopo la rissa al Punta Cana), sia all’abitazione di Giuseppe Accorinti a Zungri.
Per quanto attiene, invece, la competenza mafiosa sul territorio di Capistrano (dove Emanuele Mancuso era di “casa” poiché paese delal compagna), il collaboratore ha riferito che la stessa ricadeva sotto il controllo del clan Anello di Filadelfia. Altro tema affrontato dal collaboratore è stato quello delle bische clandestine, di cui una a Vibo Valentia, a due passi da piazza Municipio, sarebbe stata gestita da Marco Startari.
Sulla contrapposizione fra le diverse articolazioni del clan Mancuso, specie dopo il ferimento di Romana Mancuso e del figlio Giovanni Rizzo, ha molto insistito nel corso del suo controesame l’avvocato Guido Contestabile, difensore – fra gli altri – di Giancarlo Pittelli. All’unione fra i due cugini Pantaleone Mancuso (“l’Ingegnere” e “Scarpuni), con conseguente divisione del territorio di Nicotera (in paese “l’Ingegnere”, alla Marina “Scarpuni”) si sarebbe contrapposto altro gruppo che vedeva insieme i fratelli Salvatore e Roberto Cuturello, i Rizzo, Pantaleone Mancuso (alias “Vetrinetta”) e Cosmo Michele Mancuso da cui si era distaccato Pantaleone Mancuso (“Scarpuni”). Contrapposizioni appianate con l’uscita dal carcere di Luigi Mancuso nel 2012, mentre Antonio Mancuso (cl. ’38) avrebbe continuato a mantenere sempre buoni rapporti con Pantaleone Mancuso (“l’Ingegnere”).
Emanuele Mancuso, rispondendo alle domande dell’avvocato Contestabile, ha ammesso di aver fatto in passato uso di cocaina, ma non di marijuana. Quindi l’ammissione di aver commesso diverse rapine e di essere stato per questo rimproverato dallo zio Luigi Mancuso in quanto alcuni negozi erano “protetti” dal clan e non andavano “toccati”.
Quindi, il racconto sulle bonifiche delle microspie, fatte personalmente da Emanuele Mancuso anche a casa di Pasquale Gallone, e sull’uso del social network facebook il cui account – dopo essere uscito dal carcere – sarebbe stato utilizzato dalla madre e da altri familiari per inviargli messaggi al fine di farlo desistere dal rendere dichiarazioni contro la famiglia. Altre domande sono state poste dall’avvocato Giovanni Vecchio nell’interesse di Salvatore Morelli di Vibo Valentia (ancora latitante e che Emanuele Mancuso ha dichiarato di non conoscere), dall’avvocato Daniela Garisto per l’imputato Domenico Cichello (titolare di una rivendita di auto ed indicato quale persona vicina a Giuseppe Accorinti) e dall’avvocato Alessandro Diddi sulla scissione di Andrea Mantella dal clan Lo Bianco e poi sullo scontro fra i Soriano di Filandari e gli Accorinti di Zungri.
Il controesame di Emanuele Mancuso continuerà domani, ancora con l’avvocato Guido Contestabile e gli avvocati Francesco Calabrese e Paride Scinica per Luigi Mancuso.