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Tentata estorsione e lesioni aggravate ai danni dei pescatori di Vibo Marina, tre condanne

Sentenza con rito abbreviato del gup distrettuale per un’inchiesta della Dda di Catanzaro e della Squadra Mobile vibonese. Provincia, Comune e associazione antiracket parti civili

Tentata estorsione e lesioni aggravate ai danni dei pescatori di Vibo Marina, tre condanne

Tentata estorsione e lesioni, aggravate dalle modalità mafiose, ai danni di alcuni pescatori. Questi i reati per i quali il gup distrettuale di Catanzaro ha condannato tre imputati di Vibo Marina finiti al centro di un’inchiesta della Dda di Catanzaro. Le condanne, a 4 anni e 2 mesi di reclusione a testa interessano: Rosario Primo Mantino, di 43 anni; Rosario Pompeo Tavella, di 28 anni; Francesco Fortuna, di 24 anni. Gli imputati sono stati invece assolti dall’accusa di estorsione consumata per tutti i fatti antecedenti al pestaggio ai danni dei pescatori. Pestaggio che, in accoglimento della richiesta dell’avvocato Giovanni Vecchio, è stato qualificato dal giudice nel reato di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Secondo le indagini della Squadra Mobile di Vibo Valentia, con il coordinamento della Dda di Catanzaro, il 13 giugno 2015 due persone avrebbero partecipato – armate di bastoni – all’aggressione nei confronti di due pescatori. Le condotte di violenza e minaccia in danno delle persone offese (i fratelli Gambardella) sarebbero avvenute all’interno del porto di Vibo Marina al fine di costringerle, con metodo mafioso, a consegnare una quantità di pescato con tonni da 30 chili. I pescatori, oltre ad essere aggrediti brutalmente con l’uso di un bastone, sarebbero stati affrontati anche verbalmente con frasi del tipo: “Qua a Vibo Marina comandiamo noi, adesso vado a prendere la pistola e questa sera ti sparo e sei morto…”. Nella notte del 13 giugno 2015, peraltro, dopo che Tavella e Fortuna “avevano già ricevuto due tonni da 30 chili ciascuno”, mentre l’imbarcazione si trovava ancora in Sicilia gli stessi Fortuna e Tavella erano accusati di aver danneggiato gli pneumatici delle auto dei pescatori. Mantino avrebbe agito, secondo l’accusa, spendendo il nome e la fama criminale del clan dei Piscopisani. Motivo per il quale i pescatori avrebbero preferito cedere alle illecite richieste, piuttosto che incorrere nelle rappresaglie degli appartenenti alla cosca.

Queste invece le richieste di pena che erano state formulate dal pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci: 6 anni e 6 mesi per Rosario Primo Mantino e per Rosario Pompeo Tavella; 5 anni ed 8 mesi per Francesco Fortuna. Parti civili nel processo l’associazione antiracket ed antiusura della provincia di Vibo Valentia, assistita dall’avvocato Giovanna Fronte, il Comune di Vibo, assistito dall’avvocato Maristella Paolì, e la Provincia difesa dall’avvocato Francesca Lo Bianco. Gli avvocati Giovanni Vecchio e Sergio Rotundo assistevano Rosario Mantino, l’avvocato Gaetano Scalamogna Rosario Tavella, mentre Fortuna era assistito dall’avvocato Giovanni Vecchio. Nell’impianto accusatorio, anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, elemento di spicco del clan dei Piscopisani ma originario proprio di Vibo Marina. 

In foto dall’alto in basso: Rosario Primo Mantino, Francesco Fortuna e Rosario Pompeo Tavella 

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