Faida di Mileto, la ricostruzione degli omicidi di Giuseppe Mesiano e di Angelo Corigliano
Il feroce scontro tra le due famiglie miletese consumatosi nel 2013 a seguito dei forti attriti tra gli esponenti della locale struttura di ‘ndrangheta
Le indagini dell’operazione odierna, denominata “Miletos” dagli inquirenti, ed eseguita dai Carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Vibo Valentia sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Dda, hanno acclarato le dinamiche dei fatti ed i responsabili di quanto accaduto nell’estate del 2013, allorquando il territorio di Mileto è stato interessato da due cruenti fatti di sangue, l’omicidio di Giuseppe Mesiano, avvenuto il 17 luglio 2013, e quello già citato di Angelo Antonio Corigliano, avvenuto il 19 agosto 2013.
Le investigazioni hanno consentito di inquadrare i due fatti citati in un contesto di criminalità organizzata afferente dinamiche interne della struttura di ‘ndrangheta di Mileto. Difatti dalle indagini è emerso che fosse presente una situazione di attrito tra le due famiglie dovuta sia al continuo sconfinamento del bestiame di Giuseppe Mesiano nei terreni di proprietà di Giuseppe Corigliano, sia per il rifiuto di Angelo Antonio Corigliano, figlio di Giuseppe, di perpetrare un danneggiamento ad un supermercato di proprietà di un parente degli stessi, colpevole di essersi rifiutato di sottostare alle richieste di Francesco Mesiano circa la fornitura del pane proveniente dai loro forni.
Il forte attrito determinava in data 16 luglio 2013 un atto intimidatorio nei confronti di Giuseppe Corigliano, al quale veniva incendiata la porta dell’abitazione e la moto ape. In risposta a ciò, il giorno seguente, il 17 luglio 2013, Giuseppe Corigliano, unitamente al figlio Angelo Antonio, assassinavano Giuseppe Mesiano, mentre lo stesso si trovava all’interno delle sua masseria in località Pigno di Mileto. Mesiano, intento a scaricare la propria autovettura dalla spesa appena fatta, assisteva plausibilmente al sopraggiungere dei suoi assassini che gli esplodevano complessivamente sette proiettili in calibro 9 mm (38 super auto).
Inevitabile arrivava, ad un mese di distanza, la risposta con l’eliminazione di Angelo Antonio Corigliano, questa decisa dai vertici dell’organizzazione mafiosa di Mileto, quale punizione per aver ucciso al di fuori delle “regole” di ‘ndrangheta” il Mesiano. La dinamica dell’agguato, tipicamente mafiosa per la cura militare della pianificazione e dell’esecuzione, vedeva la vittima, dopo essere stato pedinato sin dall’uscita da casa dai due killers a bordo di uno scooter, mortalmente attinta da sette colpi d’arma da fuoco cal. 9×21, mentre si trovava a bordo della propria autovettura, parcheggiata in pieno centro di Mileto nelle adiacenze di un bar dal quale era uscito pochi istanti prima. Sul corpo del Corigliano veniva trovata una pistola marca Beretta cal. 7,65, matricola punzonata e completa di caricatore con all’interno sette cartucce cal. 7,65 e un ottavo in canna, segno evidente che la vittima temeva una ritorsione per l’omicidio di Giuseppe Mesiano.
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