giovedì,Novembre 21 2024

‘Ndrangheta: clan La Rosa di Tropea, condanne in Cassazione

Operazioni “Peter Pan” e “Rocca Nettuno”: rigettati i ricorsi delle difese. Annullamento con rinvio solo per le aggravanti contestate ad Antonio La Rosa

‘Ndrangheta: clan La Rosa di Tropea, condanne in Cassazione

Rigettati dalla Suprema Corte di Cassazione i ricorsi delle difese avverso la sentenza di condanna emessa il 30 giugno 2015 dalla Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi, contro alcuni esponenti di vertice del clan La Rosa di Tropea. Annullamento con rinvio, limitatamente alle contestate aggravanti, solo per Antonio La Rosa, alias “Ciondolino”, 55 anni (in foto), difeso dall’avvocato Giovanni Vecchio e che in secondo grado era stato condannato a 6 anni per tentata estorsione.

Confermate invece le condanne per i fratelli di Antonio La Rosa, ovvero la pena a 5 anni di reclusione inflitta a Pasquale La Rosa (difeso dall’avvocato Vecchio e che era stato assolto in primo grado) e i 6 anni inflitti a Francesco La Rosa (del ’71, detto “U Bimbu”, avvocati Lojacono e D’Agostino). Queste le altre condanne confermate: 5 anni per Francesco La Rosa (del ’74, pure lui assolto in primo grado, difeso dagli avvocati Paola Stilo e Matteo Rossomando); 10 anni Salvatore La Rosa (avvocato Giuseppe Bagnato); 4 anni e 4 mesi Saverio Bardo (avvocato Porcelli); 2 anni e 4 mesi Gerardo Piccolo (avvocati D’Agostino e Simonelli).

Gli imputati sono tutti di Tropea. Associazione mafiosa, estorsioni, danneggiamenti, turbata libertà degli incanti, detenzione e porto illegale di armi i reati, a vario titolo, contestati nelle operazioni antimafia “Peter Pan” e “Rocca Nettuno” scattate nel dicembre 2012 ad opera della Squadra Mobile di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

L’inchiesta ha permesso di ricostruire l’operatività di uno dei clan più temuti del Vibonese, con Salvatore La Rosa che, dopo aver scontato parzialmente una condanna definitiva quale esecutore materiale dell’omicidio del barone Carlo Antonio Cordopatri, ucciso a Reggio Calabria su mandato dei Mammoliti di Castellace di Oppido Mamertina, si sarebbe posto alla guida dell’articolazione del clan La Rosa operante nella zona della Marina di Tropea. I fratelli Antonio, Pasquale e Francesco (cugini di Salvatore) avrebbero invece operato su Tropea-paese monopolizzando il settore dei lavori pubblici e controllando nella principale località turistica della provincia di Vibo Valentia e della Calabria ogni attività illecita.

In primo grado, al termine del processo celebrato con rito abbreviato, il gup distrettuale Domenico Commodaro, il 7 aprile 2014 aveva assolto gli imputati dall’accusa di associazione mafiosa. La Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Giancarlo Bianchi, aveva però riformato la sentenza che è stata oggi confermata pure dalla Cassazione.

Attualmente in carcere si trova il solo Salvatore La Rosa, mentre Antonio La Rosa e Francesco La Rosa (alias “U Bimbu”) si trovano agli arresti domiciliari. Liberi Pasquale La Rosa, Francesco La Rosa (cl. ’74), Saverio Bardo e Gerardo Piccolo.

 

top