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‘Ndrangheta: Domenico Bonavota resta libero, Cassazione respinge appello della Dda

Per la Suprema Corte non ci sono i presupposti per un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Conquista”

‘Ndrangheta: Domenico Bonavota resta libero, Cassazione respinge appello della Dda

 La Corte di Cassazione ha rigettato l’appello della Procura distrettuale di Catanzaro (pm Camillo Falvo ed Antonio Di Bernardo, procuratori Nicola Gratteri e Giovanni Bombardieri) avverso la decisione con la quale nel dicembre scorso il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Bonavota, 39 anni, di Sant’Onofrio, ritenuto esponente di spicco dell’omonimo clan. Anche per la Cassazione, dunque, che ha accolto le argomentazioni difensive degli avvocati Nicola Cantafora e Vincenzo Gennaro, non vi erano i presupposti per un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Domenico Bonavota in relazione all’inchiesta denominata “Conquista” dove risponderà a piede libero. Nel settembre scorso Bonavota era stato detenuto anche in regime di 41 bis (carcere duro). Attualmente il 39enne di Sant’Onofrio si trova imputato con le accuse di estorsione ai danni della cooperativa Talitha Kumi e poi imputato con rito abbreviato nel procedimento nato dall’operazione antimafia “Conquista” con l’accusa di concorso nell’omicidio di Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, ucciso a Sant’Onofrio in via Tre Croci il 12 luglio 2014. Il carcere duro era stato disposto in accoglimento di una richiesta della Dda di Catanzaro. 

Domenico Bonavota, figlio del fondatore dell’omonimo clan, ovvero Vincenzo Bonavota (deceduto a metà anni ’90), insieme al fratello Pasquale viene considerato l’erede del clan di famiglia ed il “braccio armato” della cosca. Secondo le accuse, Domenico Bonavota avrebbe “giocato” un ruolo fondamentale nelle dinamiche criminali del Vibonesi dell’ultimo decennio, ma in sede cautelare l’ordinanza dell’operazione “Conquista” non ha retto al nuovo vaglio dei giudici del Riesame (dopo un precedente annullamento con rinvio da parte della Cassazione) e quindi ora al definitivo vaglio da parte della Suprema Corte. 

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